Con l’avvicinarsi delle celebrazioni per le festività pasquali, ed in particolar modo con l’approssimarsi del Venerdì Santo, l’articolo di oggi è rigorosamente dedicato alla Via Crucis cittadina.
La Via Crucis è uno dei più importanti tra i riti cristiani della quaresima, e simboleggia idealmente il percorso seguito da Cristo dopo la condanna a morte fino alla collina del Golgota. Non è ben chiaro il periodo in cui il rito cominciò a diffondersi all’interno delle Chiese cristiane, ma è certo che deriva dai racconti dei pellegrini che poterono vedere di persona, in Terra Santa, le tappe del percorso verso il Calvario. Non tutti i fedeli però potevano affrontare il pellegrinaggio verso la Terra Santa per cui verso la seconda metà del XIV secolo si cominciò a rappresentare le tappe – o stazioni – della Via Crucis all’interno delle chiese ma non solo, anche all’esterno, per le vie dei paesi e in particolare laddove la conformazione dell’abitato potesse richiamare l’ascesa verso il Calvario. Dal XVIII secolo, sotto il papato di Clemente XII, la Via Crucis si estese dalle chiese dei Minori Francescani a tutte le chiese di culto cristiano. Cagliari non fece eccezione, sebbene le Vie Crucis delle chiese cittadine datino per la maggior parte a partire dal XIX secolo. Sono notevoli, per la qualità pittorica, le quattordici stazioni nelle navate laterali della Cattedrale, così come sono imponenti per le dimensioni le stazioni della Via Crucis della Basilica di Bonaria, i cui pannelli bronzei arrivano a pesare ben sessanta chilogrammi ciascuno. Una Via Crucis di rara bellezza era conservata all’interno della Chiesa Collegiata di Sant’Anna, dove ogni stazione era inserita all’interno di cornici di gusto tardo-barocco poste alla base dei pilastri che sorreggevano la cupola della navata e quella del transetto. Purtroppo la Via Crucis della Chiesa di Sant’Anna venne distrutta con la ricostruzione conseguente ai bombardamenti del 1943. Ma torneremo sulla Chiesa di Sant’Anna più avanti, per via di un’altra stazione della Via Crucis scomparsa. Non mancano in Città le Vie Crucis all’aperto, in particolare nei Conventi: sono notevoli ad esempio quelle realizzate nei giardini del Convento dei Cappuccini di Viale Sant’Ignazio e quella realizzata per la Casa Provinciale delle Figlie della Carità di San Vincenzo De’ Paoli sulla collina di Montixeddu. Ma la più nota tra le Vie Crucis all’aperto è quella fatta realizzare da Monsignor Piovella alla fine degli anni ’20. Prima di allora, era già stata istituita una Via Crucis cittadina che però prevedeva delle stazioni rappresentate da semplici croci che venivano affisse sulle facciate dei palazzi nelle strade in cui si svolgeva il percorso. Un esempio di Stazione della Via Crucis cittadina in legno è ben rappresentato nella celebre foto della porta Stampace realizzata da Eduard Delessert nel 1854.
La Via Crucis commissionata da Monisgnor Piovella si componeva in origine di quattordici stazioni in ghisa realizzate in forma di edicole neogotiche, due delle quali purtroppo sono scomparse nel dopoguerra e delle quali si è persa ogni traccia.
Come dicevamo, le edicole si presentano in forme neogotiche e sono caratterizzate dal fatto che le scene della Passione di Cristo non si svolgono in spazi aperti quali erano quelli della Gerusalemme del 33 d.C., bensì i gruppi scultorei si stagliano su uno sfondo formato da un motivo a losanghe che rappresentano quasi un tessuto, un parato, o meglio ancora una quinta teatrale sulla quale ogni tappa è rappresentata come un atto che si astrae da ogni contesto, quasi a voler simboleggiare il fatto che la Passione di Cristo non è più un evento legato alla sola Terra Santa ma ogni luogo di culto cristiano può diventare una seconda Gerusalemme idealizzata sulla quale continuano a svolgersi le quattordici stazioni. Ogni edicola è racchiusa tra due paraste decorate con motivi a foglia d’acanto e sormontate, in modo originale, da un motivo a scandole che dà alle paraste l’aspetto prospettico di contrafforti gotici sui quali poi si eleva l’arco polilobato che sostiene una lieve trabeazione – anch’essa decorata con foglie in microrilievo – sulla quale si stagliano delle foglie d’acanto chiuse a bocciolo e completate, sulla sommità, dalla Croce (in alcune delle edicole andata perduta). La base delle edicole è formata da un semplice cartiglio sul quale è riportata la numerazione delle stazioni, affiancato da un motivo a foglie d’acanto che richiama ancora stilemi tipici dell’Art-Nouveau.
La via Crucis cittadina, recentemente ripristinata, ha inizio e fine nella Chiesa di Santa Rosalia, in Via Torino, dopo aver percorso i quattro quartieri del Centro Storico. Al lato destro del portale si trova la Prima Stazione, nella quale Pilato si lava le mani sancendo così la condanna a morte di Cristo (tenuto prigioniero per le spalle da un soldato romano) da parte del popolo di Gerusalemme.
Dopo la Prima Stazione, la processione si snodava attraverso la Piazza Costituzione e la Via Sulis fino alla Chiesa di San Giacomo sulla cui facciata, a destra, è posta la Seconda Stazione, nella quale tre robusti uomini del popolo caricano il peso della Croce sulle Spalle di Cristo. La scena si svolge in modo singolare poiché la Croce non viene posta sulle spalle di Cristo secondo lo schema iconografico tradizionale, ovvero con la Croce posta sulla schiena di Cristo, bensì sul suo torace. Tale singolarità è dovuta probabilmente a mere esigenze compositive da parte dell’autore delle stazioni, non sembra voler racchiudere in sé alcun significato simbolico.
Attraverso la Via San Domenico la processione raggiungeva il Convento dei Domenicani e la Chiesa di San Domenico sulla cui facciata si trovava la Terza Stazione che, al pari della Chiesa, venne distrutta dai bombardamenti del 1943. Con la ricostruzione del dopoguerra, anche la Terza Stazione venne ricostruita nelle stesse forme neogotiche e venne apposta su un edificio che fronteggia la Chiesa, ma scomparve negli anni ’70 e non fu possibile rintracciarla.
La Terza Stazione originaria non è mai stata inquadrata fotograficamente, ma è possibile vederla in una celebre incisione di Anna Marongiu raffigurante la Chiesa di San Domenico tre anni prima della sua distruzione bellica. Attualmente, con la ripresa della tradizionale Via Crucis cittadina – non più praticata da decenni – si è deciso di recuperare almeno visivamente l’immagine della Stazione, nella quale Cristo cade per la prima volta sotto la Croce, con l’installazione di una stampa sul Nuovo Collegio della Missione che sorge accanto alla Chiesa di San Domenico. Non essendo stata rinvenuta alcuna fotografia d’epoca della Terza Stazione, si è scelto di replicare fotograficamente la Settima Stazione avendo però l’accortezza di correggere la numerazione sul cartiglio.
La Quarta Stazione si trova non distante dalla Chiesa di San Domenico ed è apposta sulla facciata della Chiesa di San Cesello. È la più toccante tra tutte le Stazioni della Via Crucis (e non solo di quella cittadina di Cagliari), e rappresenta l’incontro di Gesù con la Vergine Maria, talmente sofferente da dover essere sostenuta da un giovane San Giovanni Evangelista (seppur privo dell’aureola, poiché il momento rappresentato precede la nascita del Cristianesimo e dunque anche gli stessi Evangelisti non erano ancora riconosciuti come Santi, solo Gesù e la Madonna potevano avere l’aureola), anticipando così quella che poi sarà la celebre scena dello Stabat Mater, descritta dall’Evangelista Giovanni nella quale Cristo affidò la sua Madre a San Giovanni e San Giovanni a Lei, così descritta nel Vangelo: «Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa».
Dalla Chiesa di San Cesello, attraverso la Via San Giovanni, la processione raggiunge la Chiesa di San Mauro nella cui facciata, tra due lesene, si trova la Quinta Stazione nella quale San Simone il Cireneo – nonostante lo sguardo di disapprovazione dell’uomo che reca con sé il martello e i chiodi con i quali Cristo verrà inchiodato alla Croce – aiuta Gesù ormai sofferente e piegato sotto la Croce a sostenerne il peso. Dopo un lungo percorso che, nella processione originaria, doveva raggiungere il Viale Regina Elena attraverso le strade di Villanova, e dal Viale poi arrivava in Castello, si giunge alla Sesta Stazione, posta sulla facciata del Conservatorio della Divina Provvidenza, in Piazza Indipendenza. Attualmente la stazione non è visibile perché l’edificio è posto in restauro, ma con lo stesso accorgimento usato per la Terza Stazione, ovvero la stampa di una foto che riproduce la Stazione, si è potuta garantire la totalità delle Stazioni. La foto allegata all’articolo è stata fortunatamente scattata pochi mesi prima dell’avvio del cantiere per il recupero dello storico edificio. La Sesta Stazione rappresenta Santa Veronica nell’atto di pulire dal sangue il volto di Cristo, che rimarrà poi impresso sul velo della Veronica proprio come la tradizione cristiana ritiene sia avvenuto anche con la Sacra Sindone. Nella scena della Sesta Stazione, oltre a Santa Veronica, appare Longino armato della Lancia con cui trafiggerà il Costato di Cristo per constatarne la morte in seguito alla crocifissione. Longino poi sarà il primo soldato a portare l’annuncio della Resurrezione, rifiutandosi di mentire quando i sommi sacerdoti cercarono di corromperlo affinché negasse la Resurrezione, e per tanto si complottò di ucciderlo. Longino allora fuggì trovando rifugio presso Lanciano, in Abruzzo, dove però venne rintracciato e dove morì come martire (e come tale viene riconosciuto dalla Chiesa Ortodossa, mentre è ritenuto Santo per la Chiesa Romana).
La Settima Stazione è posta sulla facciata del Palazzo Arcivescovile, in piazza Palazzo, e rappresenta il momento in cui Cristo cade per la seconda volta sotto la Croce. La scena è rappresentata con particolare violenza: Cristo è caduto a terra per la sofferenza fisica, San Simone di Cirene continua a sorreggere la Croce affinchè non gli cada addosso, mentre un soldato afferra Gesù per la tunica per farlo risollevare e al tempo stesso sta per percuoterlo con una grossa mazza di legno che non ha nulla a che vedere con le armi dell’epoca, è bensì rappresentata come una clava a sottolineare la primitività dell’uomo violento.
La processione, dalla piazza Palazzo, si snoda attraverso le vie del quartiere Castello fino a raggiungere la Piazza Santa Croce dove, sulla facciata della Basilica Magistrale di Santa Croce, si trova l’Ottava Stazione che rappresenta l’incontro tra Gesù e le pie donne di Gerusalemme. Cristo sostiene la Croce con entrambe le mani, ma la mano sinistra è ancora leggermente protesa e il dito indice è puntato in segno di ammonizione. È l’istante in cui Gesù pronuncia le parole «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?» a significare che il sentimento di pietà che esse mostrano è ancora superficiale, momentaneo, e a predire un futuro ben peggiore nel quale le donne che non avranno avuto figli verranno quasi invidiate per non aver messo al mondo peccatori o creature malvagie. La frase è da intendersi sia come una condanna nei confronti della Gerusalemme dell’epoca, sia come una predizione per il male che l’evoluzione dell’uomo avrebbe portato con sé: la storia ci dimostra infatti che con il progresso, di volta in volta l’uomo ha creato armi sempre peggiori, e figure sempre più sanguinarie hanno macchiato di sangue le pagine della storia mondiale.
A poca distanza dalla Piazza Santa Croce, nella piazzetta San Giuseppe, si raggiunge la Nona Stazione, posta sulla facciata della Chiesa di San Giuseppe Calasanzio e fortunatamente sopravvissuta ai danni che la Chiesa subì durante i bombardamenti del 1943 nonostante la parte centrale della facciata, e in particolare il portale, vennero sventrati da una bomba esplosa all’interno della chiesa. Nella Nona Stazione è rappresentata la terza caduta di Cristo sotto il peso della Croce. Gesù è ormai a terra, semisvenuto e quasi completamente privo di forze. La Croce è ancora sorretta da San Simone di Cirene, mentre due uomini cercano di risollevare in malo modo Cristo: uno tirandolo per la veste, l’altro lo tira per un braccio con una mano, mentre con l’altra tira a sé la corda che teneva Cristo prigioniero. Da qui la processione, percorse le vie Università, Mazzini e Spano, rientra per un momento nel quartiere Marina (dal quale è partita) per raggiungere le scalette Monache Cappuccine dove, nella facciata della Chiesa di Nostra Signora della Pietà, è apposta la Decima Stazione, nella quale Cristo è spogliato delle sue vesti. La scena rappresenta due uomini che stracciano la tunica con la quale Gesù era stato vestito, e che ormai doveva essere completamente intrisa del sangue e del sudore di Cristo che allarga le braccia in segno di rassegnazione, con una gestualità che lo raffigura sereno nonostante tutta la sofferenza fino a quel momento subita e nonostante sappia quella che ancora deve seguire.
L’Undicesima Stazione rappresenta l’unica tappa della processione nel quartiere Stampace, al quale la processione giunge dopo aver percorso la Via Cima, la Via Manno, e la Piazza Yenne. Era infatti originariamente collocata sulla facciata della Chiesa Collegiata di Sant’Anna, e su questa stazione bisogna soffermarsi un momento per parlare del mistero della sua scomparsa. Infatti, sebbene venga spesso detto che l’Undicesima Stazione è scomparsa con i bombardamenti del 1943 che distrussero parte della Chiesa di Sant’Anna, la realtà è un’altra: la Stazione venne fatta sparire molto probabilmente coi lavori di ricostruzione. Un frammento del celebre video girato da Marino Cao il 1 Maggio 1943 (quando la Città ormai devastata da un anno e mezzo di bombardamenti non rinunciò al voto fatto a Sant’Efisio e celebrò la Processione seppur in modo veloce e silenzioso, quasi spettrale, lontano dai fasti che ancor oggi caratterizzano la Sagra) mostra l’arrivo della Processione di Sant’Efisio nella Via Azuni, dove l’edicola con l’Undicesima Stazione è ancora ben visibile sulla facciata della Chiesa di Sant’Anna.
La facciata della Chiesa, seppur danneggiata dalle schegge e dagli spezzoni, non subì danni ingenti quanto l’interno, nemmeno nel successivo bombardamento del 13 Maggio 1943, è dunque improbabile che l’unico elemento della facciata ad essere stato distrutto sia stata proprio la Stazione della Via Crucis. Negli anni c’è stato chi ha raccontato di averla vista in casa di qualcuno, a volte nello stesso quartiere di Stampace e altre volte in qualche paese, cosa che peraltro avviene puntualmente quando si parla della Terza Stazione, nel quartiere Villanova. L’unico dato certo è che l’Undicesima Stazione venne asportata dalla Chiesa in un momento imprecisato dei lavori di ricostruzione. Le immagini degli anni ’50, quando ormai la Chiesa era stata ricostruita e riaperta al pubblico, la mostrano già priva della formella in ghisa. In sostituzione della scomparsa Stazione ne venne realizzata una nuova, in terracotta, che si trova ancora all’angolo tra Via Azuni e Via Sant’Efisio, di fronte alla Chiesa dove avrebbe dovuto campeggiare l’originale. Il momento rappresentato dall’Undicesima Stazione è la Crocifissione di Cristo: la nuova stazione si differenzia dalle originali degli anni ’20 non solo per la differente scelta materica, ma anche per la più pacata resa espressiva del momento e per una minore cura nei dettagli. Non è dato sapere se sia un tentativo di replica dell’originale o si tratti di una realizzazione ex-novo anche nella composizione scultorea. Vi è raffigurato Cristo inchiodato alla Croce, priva della parte terminale e del cartiglio con la scritta INRI, mentre due uomini innalzano la Croce e un terzo uomo inginocchiato, col martello in mano, ha appena terminato di inchiodare i piedi.
Seppur lontana dalla qualità e dal fascino delle stazioni antiche, questa nuova versione dell’undicesima stazione ha comunque consentito di mantenere intatta la narrazione della Passione di Cristo, che prosegue nella Dodicesima Stazione in Via Baylle, su una delle lesene del portale della Chiesa di Sant’Agostino Nuovo. Il momento raffigurato è quello della Morte di Cristo sulla Croce, ai piedi della quale si trovano la Madonna che prega (è il momento dello Stabat Mater che verrà celebrato nei secoli in numerose composizioni poetiche, musicali e pittoriche nel corso di tutta la Storia dell’Arte, della Letteratura e della Musica) mentre San Giovanni con una mano si asciuga le lacrime e con l’altra sostiene un volume che rappresenta il Vangelo che avrebbe in seguito scritto per narrare le vicende osservate in prima persona.
La Tredicesima Stazione si trova in Piazza San Sepolcro, nella fiancata laterale della Chiesa del Santissimo Sepolcro e rappresenta la Deposizione di Cristo dalla Croce. Il Corpo di Cristo è consegnato alla Madonna, e difatti la scena rappresentata è una Pietà nella quale però compare anche una giovane figura che sostiene il Corpo di Gesù: la narrazione evangelica ci dice che il Corpo fu consegnato a Maria da Giuseppe d’Arimatea, un membro autorevole del Sinedrio che non era d’accordo con la decisione di condannare a morte Gesù e che offrì un sepolcro da lui fatto realizzare onde ospitare il Corpo di Cristo. La giovane età del personaggio che sostiene il Corpo di Cristo nella Tredicesima Stazione sembrerebbe però manifestarne l’identificazione con San Giovanni Evangelista, mentre Giuseppe d’Arimatea sarebbe simbolicamente richiamato dal lenzuolo che pende dalla Croce, da lui donato per avvolgervi il Corpo di Gesù e sul quale poi, secondo la tradizione resterà impressa l’immagine della Sindone.
La Via Crucis si conclude nel luogo in cui è cominciata: nella Chiesa di Santa Rosalia in Via Torino. La Quattordicesima Stazione rappresenta la Deposizione di Cristo nel Sepolcro. Il Corpo di Cristo è sorretto da due uomini, uno dei quali è proprio San Giuseppe d’Arimatea, e sta per venire deposto nel sepolcro ai piedi del quale si trova l’ampolla con gli olii aromatici con i quali venne cosparso il Corpo prima di venir coperto col sudario sul quale si imprimerà la Sacra Sindone. Il Volto della Madonna appare ormai rassegnato, mentre i due uomini sembrano svolgere la deposizione in maniera frettolosa: è proprio la narrazione evangelica a raccontarci che la sepoltura venne fatta nottetempo poiché era ormai la conclusione del Parascève, ovvero la sera del Venerdì in cui le famiglie ebraiche si preparavano alla festività del Sabato.
Qui si conclude anche il racconto della Via Crucis cittadina di Cagliari. Spero la lettura sia stata di vostro interesse e gradimento. Di seguito troverete un video con tutte le quattordici stazioni della Via Crucis. Vi auguro una buona visione e fin d’ora vi auguro una Buona e Felice Pasqua.
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