L’articolo di oggi descrive una serie di manufatti che riflettono diversi ambiti della quotidianità cittadina del passato e, in parte, anche del presente: storia, religione, società e solidarietà. Si tratta delle cassette per le offerte, sia quelle nella pubblica via, sia quelle interne ai luoghi di culto.
In origine il numero delle cassette doveva essere molto più elevato, soprattutto per quanto riguarda quelle esterne, ma nel tempo questa pratica è andata quasi del tutto dismessa e molte delle cassette sono state murate o eliminate, anche per ragioni di igiene e sicurezza, perché spesso venivano usate come raccoglitori per rifiuti o fornivano utili nascondigli per attività illegali.
È difficile stabilire anche un percorso cronologico poiché gli esemplari superstiti tra quelle nella pubblica via risalgono più o meno tutti a un’epoca compresa tra la fine dell’800 e gli anni ’20 del ‘900 ad eccezione di un solo caso ben inquadrabile nell’immediato dopoguerra. Più numerose, e artisticamente più varie, sono le cassette interne alle chiese, sebbene anche di queste oggi se ne contino molte meno che in passato.
Tra tutte le cassette per le offerte situate all’aperto, la più antica è probabilmente quella tuttora presente all’interno del Cimitero Monumentale di Bonaria, al lato destro dell’ingresso secondario.
Il frontale della cassetta è formato da una piccola lapide in marmo grigio su cui campeggia la fotoceramica con il ritratto di San Vincenzo de’ Paoli. La cornice della fotoceramica è abbellita da un leggero rilievo imitante un cartiglio e, al di sotto di essa, è presente la fessura per l’inserimento delle offerte. La seguente iscrizione completa la lapide: “Non corone di fiori caduchi – portate alle nostre tombe, o cari – qui invece pietosi versate – ghirlande di fiori più belli – l’obolo pel pane dei poveri – a noi pegno di atteso suffragio – a voi speme di eterna vita.” La presenza dell’immagine di San Vincenzo, ovviamente, riconduce allo scopo caritatevole della raccolta delle offerte.
Al di sotto della lapide era un tempo presente la cassaforte metallica vera e propria (è ancora visibile la scanalatura tra i conci di calcare). I caratteri utilizzati per la stesura dell’epigrafe fanno ipotizzare una datazione al massimo ai primi anni del ‘900.
Nel quartiere di Castello, due cassette delle offerte sono legate alla devozione verso la Madonna delle Grazie. La prima si trova nel Portico dell’Aquila – alla base del Palazzo Boyl – ed è una cassetta assai semplice sormontata da una piccola targa in marmo con incisa la richiesta “Offerte per la Madonna delle Grazie”, e difatti al disopra del portico, sul lato di Piazzetta Lamarmora, è presente un altare sospeso appunto dedicato a Nostra Signora delle Grazie. Le offerte, in questo caso, erano devolute al mantenimento dell’altare: periodicamente, infatti, venivano rifatti i paramenti sacri e inoltre era sempre necessario sostituire il lumino.
Lo sportello della cassetta, piuttosto modesto e assai arrugginito, è decorato da una semplice croce alla cui destra si trova la fessura per le offerte. Sotto la croce, due fori permettevano – con un apposito utensile – lo sblocco della serratura e l’apertura dello sportello. In basso a sinistra, uno squarcio non recente ma piuttosto netto è segno di un tentativo di scassinamento avvenuto nel passato e fortunatamente non andato a buon fine. L’epoca di realizzazione della cassetta per le offerte, sulla base dei caratteri della targa, dovrebbe essere compresa tra gli inizi e gli anni ’30 del ‘900.
La seconda cassetta per le offerte legata al culto della Madonna delle Grazie si trova nel Portico delle Anime (o Portico Lamarmora), dove è presente un altro altare sospeso dedicato, appunto, a Nostra Signora delle Grazie. In questa cassetta delle offerte è evidente un rimaneggiamento relativamente recente. Infatti, lo sportello – persino più anonimo di quello della cassetta nel Portico dell’Aquila – è ornato solo dalla toppa per la chiave ed è inserito in un’intelaiatura di legno ben più antica nella quale doveva essere montato uno sportello in legno verosimilmente decorato. Il rimaneggiamento è dovuto soprattutto all’installazione di un impianto elettrico tuttora ben visibile nel canale lasciato scoperto e che metteva in contatto il vano di accoglimento delle offerte con un interruttore posto sulla sua sinistra e con un lumicino elettrico sul soprastante altare sospeso. L’epoca in cui venne rifatta la cassetta col relativo impianto è piuttosto recente e non dovrebbe essere anteriore agli anni ’60. Anche qui, le offerte erano devolute per la manutenzione dell’altare. Lo sportello mostra evidenti segni di scassinamento, peraltro non recenti. Per approfondire riguardo i due altari sospesi, potete consultare l’articolo sulle edicole votive.
All’angolo tra la via Lamarmora e Piazza Carlo Alberto – nel basamento del palazzo Barrago – sono presenti due lapidi in marmo bianco tra le quali, un tempo, si trovava una cassetta delle offerte evidentemente divisa in due vani, ognuno dei quali dotato di una sua fessura, ciascuna parte legata alla lapide posta accanto. La cassetta per le offerte era collegata elettricamente alla nicchia votiva dedicata alla Madonna di Lourdes, realizzata nel 1953 per celebrare il centenario delle Apparizioni Mariane nella cittadina francese (se ne è parlato nell’articolo sulle edicole votive).
La lapide a sinistra, come specifica l’iscrizione “Per chiedere Grazie, o ringraziare, accendere le luci” era legata a motivazioni cultuali e votive, ed era dotata di due interruttori rotondi (si presume in ottone) messi in funzione dall’inserimento delle monete. Due lievi incisioni mostrano quali luci potevano essere accese da ogni interruttore tra quelle della nicchia (sono ancora visibili i cavi elettrici in disuso un tempo allacciati a delle lampade) o quelle delle dodici stelle che incoronano la statua della Vergine Maria (con ancora delle lampadine, ormai quasi oggetti di modernariato). La lapide a destra, invece, era relativa all’altra metà della cassetta, nella quale le offerte venivano raccolte per finanziare i viaggi della speranza verso Lourdes, come attesta l’iscrizione “offerte per i malati poveri da portare a Lourdes”.
Se è certa l’installazione contestuale alla realizzazione della nicchia votiva, non è certo il periodo in cui venne murata la cassetta per le offerte ma è ipotizzabile sia avvenuto tra gli anni ’80 e i ’90 sempre per evitare vandalismi, scassinamenti e profanazioni.
In via Manno, nell’esterno del Convitto Nazionale, si trova una bella cassetta delle offerte (finora la più integra fra quelle posizionate nelle strade) collegata anch’essa al culto della Madonna delle Grazie a cui è dedicata la nicchia votiva soprastante, fatta realizzare da Monsignor Piovella negli anni ’20 e custodente un bel dipinto della Madonna delle Grazie. Va specificato che le offerte non erano esplicitamente necessarie al culto mariano, come infatti testimonia la lapide al di sotto della nicchia, col seguente testo: “Sua Eccellenza – Mons. Ernesto M. Piovella – Arcivescovo di Cagliari – concede 200 giorni di indulgenza – a chi devotamente reciterà dinnanzi – a questa immagine della – S.S. Vergine delle Grazie – Sancta Maria Ora Pro Nobis” nel quale non è menzionata affatto nessuna richiesta di oboli, che i fedeli erano liberi di dispensare o meno a seconda delle proprie possibilità e/o volontà. La cassetta, di formato quadrato e realizzata in ferro (fino a pochi mesi fa dipinto in grigio chiaro e ora ripitturato in nero) è caratterizzata da una semplice cornice con una modanatura nella quale sono inseriti i cardini a scomparsa dello sportello. Lo sportello è decorato con una croce greca che lo suddivide in quattro specchi di uguali dimensioni. Al termine di ogni braccio della Croce è al loro incrocio è inserita una spessa borchia in metallo. Su ogni braccio della croce, tre punzoni dovuti alla saldatura formano inoltre un semplice motivo decorativo. Nei quattro specchi in cui è suddiviso lo sportello sono presenti curiose decorazioni a forma di “picca” che danno alla cassetta il singolare aspetto di una carta da gioco ma che hanno, in realtà, una funzione ben precisa: tre “picche” erano infatti solidamente saldate allo sportello (oltre ad esservi unite con l’uso di robusti rivetti le cui borchie costituiscono un’ulteriore decorazione) mentre la quarta era solamente fissata col rivetto ma poteva ruotare per svelare la serratura. Oggi, comunque, tutte e quattro le “picche” sono saldate per via dell’inutilizzo della cassetta. Le due fessure per le offerte, assai sottili e allungate, si trovano al di sopra dei bracci orizzontali della croce. Anche qui è certa l’epoca della realizzazione, ovvero gli anni ’20, in concomitanza con la predisposizione della nicchia votiva, mentre non è certa l’epoca in cui la cassetta cadde in disuso. Le offerte erano verosimilmente raccolte dalla vicina Chiesa di Santa Caterina dei Genovesi (scomparsa in seguito ai bombardamenti del ’43) ma non è certa la devoluzione delle stesse, se per opere interne alla Chiesa, per offrire un aiuto ai poveri o ai bisognosi, o per il mantenimento della nicchia votiva.
Nella via Cammino Nuovo, una cassetta per le offerte inserita nella recinzione della Società di Sant’Anna era, ed è tuttora, dedicata alle offerte per le opere di beneficenza operate appunto dalla Società stampacina. In questo caso è facile stabilire l’epoca a cui risale la cassetta delle offerte, ovvero un periodo immediatamente successivo agli anni ’40, epoca in cui la recinzione – originariamente posta a protezione e tutela del “Giardino della Stazione”, ovvero l’attuale Piazza Matteotti – venne dapprima asportata durante il regime fascista per la campagna “ferro per la patria” assieme a quella dei Giardini della Darsena (Piazza Amendola) e a quella del monumento ai Martiri delle Guerre d’Indipendenza. Successivamente, la recinzione fortunatamente non fusa benne parzialmente reimpiegata nella Via Cammino Nuovo. L’asportazione di una delle sbarre fornì lo spazio sufficiente alla installazione della cassetta per le offerte che si mostra sobria ma ugualmente interessante. Ha la forma di una casa con tetto spiovente ed è collegata a due sbarre della recinzione mediante alette laterali fermate con rivetti borchiati. L’intera cassetta, così come la recinzione, è dipinta in giallo. Al di sopra del “tetto” svetta un’alta e ampia croce dipinta in nero, i cui bracci sono collegati alle sbarre laterali analogamente alle alette della sottostante cassetta e dunque fissate con rivetti. La forma “a casa” non è dovuta a una scelta casuale ma è voluta per evocare la forma della retrostante edicola votiva in legno (della quale si è parlato nell’articolo sulle edicole votive) realizzata a protezione di un crocifisso in ceramica bianca. Lo sportello della cassetta delle offerte non è visibile in quanto collocato dal lato interno della recinzione ed accessibile, quindi, dalla sola Società di Sant’Anna.
Una cassetta per le offerte, ora asportata e il cui vano è stato murato, era presente all’esterno del fianco meridionale della Chiesa di Sant’Eulalia, al di sotto di una graziosa edicola votiva dedicata all’Immacolata Concezione.
Se la sua originaria presenza è percepibile grazie alla differente conformazione dell’intonaco picchiettato (mentre nell’area circostante è realizzato al ruvido ad imitazione della pietra), una sovrastante piccola lapide in marmo grigio non lascia dubbi sulla sua presenza e ne conferma l’esistenza specificando con l’iscrizione “Conferenza di San Vincenzo – Date ai poveri” l’originaria funzione assistenziale verso cui erano devolute le offerte.
L’epoca in cui venne realizzata e installata è verosimilmente coincidente con i rifacimenti in veste neogotica degli esterni della chiesa, e dunque risalirebbe al 1914. Più avanti nell’articolo, verranno descritte altre cassette nella Chiesa di Sant’Eulalia.
Nella via Eleonora d’Arborea, al di sotto di una edicola votiva anch’essa dedicata all’Immacolata Concezione (della quale si è parlato anche nell’articolo sulle edicole votive) è ancora ben visibile e fortunatamente ben conservato lo sportello ligneo di una piccola cassetta per le offerte. Non è dato stabilire con precisione l’epoca di realizzazione, sebbene sia ipotizzabile una datazione alla fine dell’800. Pur legata all’edicola votiva soprastante – e forse le offerte erano devolute proprio alla manutenzione della stessa o all’acquisto dei lumini per la lanterna, oggi scomparsa) è evidente che la cassetta non era dotata di impianti che consentissero l’accensione delle luci anche perché il lanternino dell’edicola votiva ha ancora l’originario verricello che ne consentiva l’abbassamento onde poter sostituire il lumicino consumato con uno nuovo, e non sono visibili cavi elettrici o tracce di impianto.
L’impossibilità di stabilire con certezza la gestione e la devoluzione delle offerte è resa ancor più difficile dall’assenza di iscrizioni e persino dalla muratura del frontale in cui si trovava la fessura per l’inserimento degli oboli.
L’ultima nell’elenco delle cassette per le offerte situate nella pubblica via è anche la più significativa e toccante poiché rimanda ad una drammatica perdita per il patrimonio storico/artistico/culturale di Cagliari, ovvero la distruzione della Chiesa di Nostra Signora del Carmine a seguito delle devastazioni dei bombardamenti alleati del 1943. Un tempo collocata all’inizio del Viale Trieste, quasi di fronte alla Chiesa del Carmine, dove ora sorge l’Assessorato alla Sanità, la cassetta o, meglio, la lapide in marmo bianco che la sovrastava (poiché la cassa vera e propria venne in seguito asportata e il vano lasciato vuoto venne murato) si trova ora nella parte mediana del Viale Trieste, di fianco al cancello da cui si accede al sagrato della Chiesa di San Pietro dei Pescatori, la piccola chiesetta dove vennero officiate le funzioni in seguito alla distruzione della Chiesa del Carmine e fino alla sua ricostruzione. Il marmo bianco in cui è realizzata meriterebbe una ripulitura poiché lo smog derivante dall’elevato traffico del viale Trieste e il depositarsi della polvere di ormai sette decenni lo hanno reso grigio e poco distinguibile dal muro in cui la lapide è collocata. La presenza di un tubo in acciaio sul lato sinistro della stessa ne peggiora ulteriormente la visibilità. Della lapide sono ben apprezzabili le forme ancora legate a canoni antichi sebbene assai stilizzate in virtù di un modernismo derivante dall’allora recente movimento razionalista. Al centro della lapide era originariamente collocato un dipinto o un rilievo, o comunque un’immagine della Madonna del Carmine cui è dedicata la lapide come testimonia l’invocazione “Ave Maria” in alti ed eleganti caratteri. Al di sotto dell’incavo che ospitava l’immagine sacra, un’iscrizione precisa trattarsi di “offerte per la ricostruenda Chiesa del Carmine”. Sotto questa iscrizione, una larga fessura consentiva non solo l’inserimento delle monete ma anche quello delle banconote che, almeno fino agli anni ’50-’50, erano ancora di dimensioni ragguardevoli. La lapide è inoltre ancorata al muro da quattro borchie in bronzo decorate a rosette e che contribuiscono ulteriormente a dare alla lapide un aspetto funebre. Un accurato restauro del manufatto e l’adeguato rifacimento del muro in cui è collocato (con la scelta di un tono scuro che faccia risaltare il marmo bianco) sarebbe auspicabile al fine di valorizzare questa testimonianza di una pagina assai drammatica della nostra storia cittadina.
Tra le cassette per le offerte situate negli interni delle chiese meritano particolare attenzione i due splendidi esempi visibili all’ingresso della Chiesa del Santissimo Sepolcro.
La prima, alla sinistra per chi entra, è realizzata in forma di tabernacolo nella cui anta è incastonato lo stemma ovale dell’Arciconfraternita dell’Orazione e Morte che ebbe sede proprio nella chiesa del SS.mo Sepolcro fino al suo scioglimento negli anni ’60 del ‘900. Lo stemma è costituito dal Crocifisso affiancato da due oranti inginocchiati e vestiti con le caratteristiche tuniche nere. Il piccolo dipinto ovale, su tela, di epoca tardo-settecentesca, è attualmente privo della cornice. Lo sportello che ospita il dipinto è in legno rivestito con una placca di metallo dipinta ad imitazione del marmo. Ai lati dello sportello, due piccole lesene in legno sostengono degli spessi capitelli modanati reggenti una trabeazione il cui fregio è anch’esso dipinto ad imitazione del marmo verde. La trabeazione conclude l’intera piccola struttura ma è evidente la mancanza di una parte superiore che completasse in modo armonico l’edicola assieme alle decorazioni intagliate in legno dipinto di nero e tuttora presenti ai lati e nella parte inferiore della cassetta. La parte bassa dello sportello è inoltre arricchita da un decoro vegetale con conchiglia centrale (al quale si rifanno le decorazioni nelle lunette sulla Piazzetta San Sepolcro). Borchie in ottone decorate a rosette spiralate ornano il fregio e la parte superiore delle lesene. La caratteristica più singolare (e meno evidente, per ovvi motivi) è la collocazione della serratura a scomparsa dietro una delle lesene che risulta infatti apribile ad anta. La fessura per le monete è sopra il dipinto.
Le offerte devolute dai fedeli erano prese in custodia dall’Arciconfraternita dell’Orazione e Morte e da essa utilizzate per il sostegno economico dei bisognosi, per il mantenimento del cimitero attiguo alla chiesa e ora scomparso (si veda al riguardo l’articolo sugli ingressi ai Cimiteri cagliaritani) e ancora per le opere di assistenza ai carcerati.
Coeva alla cassetta appena descritta, e quindi ascrivibile anch’essa tra la fine del XVIII e il primo quarto del XIX secolo è quella postale immediatamente di fronte, sul lato destro dell’ingresso alla chiesa. Rispetto alla prima, si differenzia per una più marcata conformazione ad edicola invece che a tabernacolo, avendo infatti l’anta occupante l’intero e ampio spazio interno alla cornice invece del ridotto sportello della precedente.
Di aspetto elegante, è impreziosita da intagli vegetali già volti ad un armonioso stile neoclassico. Al centro dello sportello spicca una bela tela antica raffigurante l’Addolorata, opera non firmata ma che rivela profonde affinità con le opere del cagliaritano Raffaele Arui (1792-1851), il che coinciderebbe con una datazione della cassetta al primo quarto del XIX secolo. In particolare, a lui sono riferibili lo stile nella resa del panneggio (vibrato da colpi di luce che però lo rendono più plastico e vaporoso piuttosto che morbido e tessile) e il volto dell’Addolorata, fortemente affine a quello della Madonna nella pietà dipinta proprio dall’Arui per l’altare dell’Oratorio del Cimitero Monumentale di Bonaria (ora collocata nella controfacciata dello stesso oratorio), oltre alla veduta del paesaggio sfumato e appena accennato all’orizzonte, presente in quasi tutte le opere dell’Arui.
Al di sotto del prezioso dipinto si apre la piccola fessura con placca bronzea per le offerte e un secondo ampio riquadro ospitante in origine un cartiglio con la richiesta delle offerte oppure una preghiera. Ai lati dello sportello, in sostituzione delle lesene che ornano la cassetta precedentemente descritta, due coppie di volute racchiudono una decorazione a festoni floreali di squisita fattura. Il fregio su cui si imposta l’ampia trabeazione è decorato con un motivo vegetale e gemma ovale al centro, mentre la struttura è terminata superiormente da un elegante fastigio riccamente intagliato a volute e foglie d’acanto tra le quali è inserito uno stemma mistilineo con gemma centrale. Piccole borchie in ottone a rosette classiche ornano i lati della trabeazione e i due plinti su cui sono basate le volute inferiori. Anche per questa cassetta, le offerte venivano devolute dall’Arciconfraternita dell’Orazione e Morte in favore dei bisognosi, dell’assistenza ai carcerati e per la manutenzione del camposanto.
Sempre nella Chiesa del Santissimo Sepolcro, ognuno dei banchi più antichi (dei quali si conservano alcuni esemplari) era dotato di proprie piccole cassette per le offerte, le cui fessure erano ospitate sui piani superiori ed erano affiancate da piccoli dipinti oggi ancora leggibili ma fortemente compromessi dal trascorrere del tempo.
I ricavati delle offerte nelle cassette e quelli dell’offertorio di ogni funzione officiata nella Chiesa del Santissimo Sepolcro venivano inoltre custoditi in un’antica cassaforte a tre chiavi ancora oggi ammirabile nel vano della Sacrestia. Caratterizzata da un’ampia anta in assi di legno (sulla quale le numerose borchie rendono evidente il rivestimento in ferro dell’interno) e da grandi cerniere in ferro con pesanti borchie semisferiche, presenta le tre toppe per le chiavi sul lato sinistro. Ogni chiave era affidata a un frate o ad un confratello dell’Orazione e Morte e solo quando erano presenti tutti e tre si poteva aprire la cassaforte.
Un cartiglio posto al centro, con forme richiamanti le volute ma privo di alcun rilievo plastico, era destinato ad ospitare una dedica o una preghiera. La cassaforte, sulla base delle forme barocche del cartiglio, potrebbe risalire al XVII secolo ma non è esclusa una datazione al XVI.
La Chiesa dell’Annunziata custodisce al suo interno quattro cassette per le offerte di due tipologie diverse.
Le prime due, antiche e risalenti ai restauri operati all’interno della chiesa negli anni ’30 ad opera dell’architetto Gina Baldracchini, perugina. Si tratta di due cassette concepite come veri e propri mobili, o meglio piccoli altari lignei con funzione di sostegno per le statue e realizzate per essere disposte nelle navatelle laterali in corrispondenza dei pilastri della terza campata.
Attualmente solo una di esse, quella della navatella di sinistra, mantiene la collocazione originaria e sostiene un bel simulacro coevo (verosimilmente quello che ha da sempre sostenuto) raffigurante Santa Rita da Cascia. L’altra cassetta/altare è collocata nello pseudo-transetto sinistro e ora funge da sostegno per una bella riproduzione novecentesca dell’immagine della Madonna del Rosario di Pompei. Entrambe le cassette sono in legno scuro e hanno la forma di piccole credenze con un corpo centrale sporgente limitato da due lesene ioniche sormontate da triglifi intagliati, mentre altre due lesene ornano centralmente i due specchi laterali. La fessura per le offerte è collocata sul ripiano mentre il vano che custodisce gli oboli è realizzato in forma di cassetto con serratura, posto tra i triglifi dello specchio centrale.
Le altre due cassette, più recenti, sono collocate accanto ai pilastri più vicini all’ingresso e sono realizzate come semplici casseforti in metallo, di forma molto allungata in verticale, tanto da richiedere due serrature (una in alto e una in basso) e con la fessura al centro della parte superiore. La semplice incisione “Offerte per i poveri”, quasi impercettibile sotto la vernice, testimonia la devoluzione dei ricavati verso i bisognosi della parrocchia. Bisogna infatti ricordare che almeno fino agli anni ’40-’50 del XX secolo l’area compresa tra l’Annunziata, l’attuale MEM e il primo tratto del Viale Sant’Avendrace era relativamente periferica e ancora poco inurbata, abitata solo da famiglie assai povere, nonostante la vicinanza di imponenti ville e dell’allora recente quartiere di Tuvixeddu nel quale vivevano le famiglie più abbienti.
Semplice ma non per questo meno interessante è la piccola cassetta per le offerte all’interno dell’Oratorio di Nostra Signora d’Itria in via Baylle. Si tratta di una piccola cassaforte a muro primo-novecentesca realizzata in forma di cassaforte, con ancora il suo originario sportello in legno dipinto di bianco. Al centro dello sportello, verso l’alto, è inchiodato un cuore in ottone che funge anche da cornice all’apertura per le monete ed ha la toccante forma di un ex-voto. Anche la serratura è quella originaria, ma la pittura ha coperto la toppa – anch’essa in ottone – lasciando in vista il solo buco con la classica forma della chiave. Due robusti e inadeguati cardini in acciaio – di fattura molto, molto recente – invece disturbano visivamente l’insieme dello sportello, ancor più per la presenza a vista delle teste delle viti autofilettanti.
Non vi sono dubbi sulla destinazione delle offerte ricevute, essendo l’Oratorio di Nostra Signora d’Itria la cappella dell’Asilo Marina e Stampace in cui operarono Suor Giuseppina Nicoli e Suor Teresa Tambelli (si veda, per approfondire, l’articolo sulle Madri Cagliaritane), da sempre impegnate nelle opere di beneficenza verso i poveri della Città, con particolare attenzione ai bambini in condizioni di grave disagio socio-economico.
La Chiesa di Santa Rosalia custodisce, oltre a tre antiche cassette a muro, anche due eleganti bussolotti gemelli per le offerte: si tratta in ogni caso di esemplari risalenti alle ristrutturazioni di fine anni ’20. I bussolotti si trovano ai lati del presbiterio e sono sorretti da elaborate basi in ferro battuto di ottima fattura. La cassa vera e propria è ornata in entrambi i casi da un motivo a cordoncino che ne segue ogni spigolo e da un fastigio – sormontato da una piccola croce – che riporta la richiesta “Offerte a San Salvatore”. La fessura è situata nella parte superiore della cassetta mentre lo sportello è sul lato frontale. Al di sotto della cassa, quattro pinnacoli in ottone rivolti verso il basso contribuiscono ad impreziosire i bussolotti.
Le offerte raccolte, come attesta l’iscrizione, erano devolute al mantenimento del Santuario di San Salvatore da Horta, ovvero all’impianto del presbiterio così come si presentava prima dei lavori del 1968 che lo adeguarono ai dettami del Concilio Vaticano II privandolo però del bellissimo baldacchino progettato da Gina Baldracchini e della gran parte del ricco apparato decorativo che ornava la chiesa.
Le offerte raccolte nelle tre cassette a muro vengono invece devolute, come confermano le etichette incollate col nastro adesivo, ai poveri e ai bisognosi. Le tre cassette sono differenti tra loro solo nel dettaglio del fastigio.
La prima, al lato destro dell’ingresso, mostra un coronamento mistilineo molto movimentato, al centro de quale è inserita una piccola croce. La cornice fa parte, assieme al coronamento, di un’unica placca in ferro al centro della quale si apre lo sportello con l’ampia fessura per monete e banconote.
La seconda cassetta è collocata sul fianco destro dell’aula, sul pilastro sinistro della Cappella di Nostra Signora di Lourdes. Quasi del tutto identica alla prima, si differenzia per le parti laterali del coronamento, realizzate con meno accuratezza e minor dettaglio. La terza si trova nella Cappella della Pietà, sul lato sinistro dell’aula, e mostra un coronamento ancora differente e più semplice, formato da sole tre forme curve e privo della croce. Il resto della cassetta è invece uguale alle altre due.
Modeste ma sempre antiche e rilevanti sono le due cassette lignee della chiesa di Sant’Antonio Abate, in via Manno.
La prima, completamente incassata nel muro, ad eccezione della piatta cornice e di parte dello sportello, si trova nella Cappella del Sacro Cuore – la prima a destra per chi entra in chiesa – ed è realizzata come una semplicissima cassaforte con la fessura al centro dello sportello, priva di qualsiasi finitura metallica. L’epoca di realizzazione potrebbe coincidere con l’instaurazione della Confraternita di Nostra Signora d’Itria (1881) nella chiesa lasciata dall’Ordine degli Spedialieri (o dei Fatebenefratelli), che trovarono la loro nuova sede nell’Ospedale San Giovanni di Dio, sebbene la targhetta metallica posta al di sopra e recante il testo “Offerte pel S. Cuore di Gesù” faccia ipotizzare una datazione più recente, al primo quarto del ‘900.
La targhetta attesterebbe anche la devoluzione delle offerte per la manutenzione e la cura dell’altare del Sacro Cuore, ma sia l’ordine degli Spedalieri, sia la Confraternita d’Itria, si sono sempre dedicati all’assistenza dei bisognosi per cui, forse, non tutto il ricavato era usato per l’altare bensì in parte adoperato per opere di beneficenza come pure nel caso della seconda cassetta, che si trova nella Cappella di San Giovanni di Dio – la prima a sinistra – posta direttamente di fronte a quella del Sacro Cuore.
La piccola cassetta lignea ha la forma di un bauletto dipinto di nero, privo di decorazioni e modanature ad eccezione della sola fessura per le monete ospitata sul coperchio e leggermente rialzata all’interno di una modesta placca. La serratura, invece, è collocata sul lato frontale mentre l’apertura è a scrigno. La targhetta “offerte” è assai recente, dello stesso tipo usato per porte e campanelli dagli anni ’50 in poi e si rivela molto inadatta alla cassetta che risale ad un periodo compreso tra la fine dell’800 e il primo ‘900.
Oltre alla cassetta per le offerte scomparsa e di cui si è parlato nella prima parte dell’articolo, la Chiesa di Sant’Eulalia conserva al suo interno tre cassette a muro facilmente databili poiché realizzate in concomitanza con i lavori di restauro operati nel 1914 nella chiesa. Si tratta di tre piccole casseforti la cui forma ogivale è stata disegnata per armonizzarsi con l’interno in stile gotico-catalano. Lo sportello in metallo (ora dipinto ad imitazione del bronzo) è attorniato da una spessa cornice a forma di arco a sesto acuto ed è formato da una piastra di metallo fissata con una teoria di rivetti – che segue l’andamento archiacuto di sportello e cornice – ad una placca interna fungente sia da rinforzo che da alloggio per il tamburo della serratura (in tutti e tre i casi sostituito in epoca recente). La fessura è ampia e anche più alta del dovuto e si trova all’altezza della linea di imposta dell’arco acuto dello sportello. Le offerte ricevute nelle tre cassette erano devolute alle opere di carità della parrocchia.
Sobrie e robuste, tre piccole cassette a muro sono ancora oggi ben visibili nella Chiesa di San Giacomo, dove spiccano per il colore nero della loro verniciatura che contrasta con le tonalità gialle della pietra calcarea dei pilastri in cui sono installate e dell’intonaco dell’aula della chiesa. Di forma rettangolare, due di esse sono state inserite con orientamento orizzontale, mentre la terza è posizionata in verticale. Ciò determina due diverse tipologie di apertura: a libro nelle prime due, a vasistas in quella a sviluppo verticale. Anche la posizione della fessura per le monete segue l’andamento della cassetta. L’’epoca a cui risalgono non è molto lontana: la loro installazione risale infatti ai restauri operati tra il 1962 e il 1964 e durante i quali venne eliminata parte della ricca decorazione aggiunta nei secoli alla originaria struttura gotica della chiesa.
La fattura delle tre cassette è tipicamente moderna e dall’aspetto quasi industriale, ben rimarcato tra l’altro dai pesanti cardini degli sportelli, così distante dalle armonie gotiche e barocche della chiesa. Tamburi per serrature di fabbricazione molto recente ed etichette stampate al p.c. ed incollate con il nastro adesivo completano lo stridente aspetto di queste pur utili cassette, i cui proventi venivano raccolti dalla parrocchia e devoluti in opere di beneficenza per le famiglie bisognose del quartiere Villanova.
A conclusione del percorso tra le cassette per le offerte cagliaritane, ci si sposta ora nel Santuario di Nostra Signora di Bonaria, dove è ancora più marcato il contrasto tra una concezione estetica dal gusto quasi archeologico e realizzazioni di mera utilità pratica. Ad una concezione estetica classicista e ricercata si rifà la cassetta per le offerte presente all’interno del Santuario, sul lato sinistro dell’aula, installata in una piccola struttura in calcare risalente ai lavori di restauro degli anni ’60 (condotti dall’architetto Gina Baldracchini) e realizzata a sostengo di un frammento di trabeazione databile al XVI secolo e marcatamente rinascimentale. Tra il frammento antico e la moderna struttura che lo sostiene, è incassata – fra due mensole di pietra calcarea dalle forme modanate classicamente – una piccola cassetta realizzata completamente in calcare di Bonaria. Di forma prossima al cubo, ha la fessura per le monete posta sulla parte superiore in una superficie leggermente inclinata per un più agevole inserimento dell’offerta. Lo sportello è posto frontalmente ed è formato da una semplice lastra di calcare picchiettato sostenuta da due cardini in bronzo.
L’eleganza di questa realizzazione è ancor più evidente se la si confronta con le due più semplici cassette in metallo verniciato in nero poste nel chiostro, ai lati della nicchia ospitante la cassa in legno del Miracolo di Bonaria. Queste due cassette, molto sobrie e pulite nelle loro linee, appena ingentilite da targhette in ottone che fungono anche da placca di rivestimento per l’apertura in cui inserire le offerte, seppure non siano di alcun valore storico o artistico, proprio in virtù della loro semplicità non risultano sgradevoli, sebbene grandi etichette stampate e attaccate col nastro adesivo allo scopo di informare sulla devoluzione delle offerte (per le opere del Santuario in quella a sinistra, per Radio Bonaria – con tanto di indicazione della frequenza – in quella di destra) rendano poco piacevole l’insieme dando una nota di sciatteria che poco si adatta alla sacralità del luogo in cui si trovano.
Altre cassette per le offerte non dissimili da quelle della chiesa di San Giacomo o del Chiostro del Convento di Bonaria, sono rintracciabili in diversi altri edifici di culto cagliaritani, soprattutto quelli sottoposti a rimaneggiamenti nel secondo dopoguerra (un esempio è la Chiesa di Sant’Antonio dei Cappuccini in viale Sant’Ignazio).
Qui si conclude questo articolo, che spero possa aver incontrato il vostro gradimento.
Ringrazio tutti coloro che si sono soffermati nella lettura e porgo un sincero saluto.