Imponenti, svettanti e armoniose, da sempre le cupole si impongono nei paesaggi urbani come importanti punti di riferimento visivo, oltre ad essere opere notevoli sia dal punto di vista architettonico e costruttivo, sia dal punto di vista artistico per le opere con le quali possono essere adornate.
Cagliari è una città ricca di cupole, anche se in buona parte non sono da subito individuabili nel contesto urbano perché nascoste dagli alti edifici che le attorniano, o perché non sempre costituiscono il fulcro architettonico dell’edificio di cui fanno parte, altre volte perché si tratta di piccoli esemplari affiancati a cupole ben più grandi.
Fondamentalmente le cupole possono essere divise in due grandi categorie in base alla loro forma planimetrica: le cupole rotonde/ellittiche e quelle poligonali. A Cagliari sono presenti entrambe le tipologie, ma le cupole poligonali costituiscono la maggioranza. Non sono presenti in città cupole a doppia calotta, e infatti nessuna di loro è percorribile nelle sue murature interne (solamente la cupola della chiesa di San Michele Arcangelo presenta un ballatoio con ringhiera in ferro all’interno del tamburo).

La seminascosta cupola del Sacro Cuore nella chiesa di San Giacomo

Pennacchio Liscio
(San Giuseppe Calasanzio)

La nascita della cupola si può far risalire già al 5000 a.C. circa quando si prendono in considerazione le costruzioni a pseudo-cupola di Arpachiyah, in Mesopotamia. Il principio costruttivo, seppur realizzato con pietre di minor dimensione, è quello della Tholos che poi comparirà anche in Grecia in epoca Micenea e in Sardegna con l’avvento della Civilità Nuragica. Le costruzioni mesopotamiche, di dimensioni contenute, erano ancora legate al principio spaziale di abitazione circolare derivante dalla capanna; col passaggio alla pianta rettangolare per gli ambienti domestici, la realizzazione delle Tholos venne sempre più relegata all’ambito sepolcrale. È in epoca romana che la cupola torna ad imporsi come principio compositivo per architetture a pianta centrale di forma monumentale, delle quali l’esempio più noto e importante è sicuramente quello del Pantheon.

Scuffia a Mezza Crociera (San Saturnino)

Fin qui si tratta sempre di strutture nelle quali convivono la forma cilindrica della struttura e quella sferica della copertura. L’architettura orientale greco-romana invece comincia a sviluppare un nuovo principio che associa la copertura sferica al cubo di base, nucleo dal quale si svilupperanno dapprima le volte a vela e, successivamente, le cupole su pennacchi. Dalla cupola a pennacchio deriveranno poi altri modelli, come le cupole su trombe e quelle su scuffie, che consentiranno di trasformare il cubo architettonico in una forma genericamente ottagonale (ma non mancano esempi dodecagonali) sulla quale impostare la cupola sferica oppure la cupola a padiglione che mantiene intatta l’impostazione planimetrica poligonale.

Scuffia a mezza crociera costolonata

L’ambito cristiano ha poi dato alle cupole dei valori simbolici che trascendono quello spaziale e la cupola divenne così di volta in volta simbolo del Cielo – o meglio ancora della Volta Celeste, soprattutto per le cupole emisferiche – o di Cristo (particolarmente nell’architettura ortodossa a croce greca dove la cupola centrale è affiancata da quattro cupole minori che rappresentano gli Evangelisti), o ancora della Chiesa (laddove i pennacchi venivano decorati con raffigurazione dei quattro Evangelisti a significare il Vangelo che sostiene la Chiesa: è il caso, ad esempio, della Cupola della Cattedrale) e infine come simbolo dell’Ascensione al Cielo.

 

Pennacchi della Cattedrale con le tele di Filippo Figari (da sinistra: San Luca, San Giovanni, San Matteo, San Marco

Sono diversi gli aspetti sui quali ci si può basare per stabilire un percorso tra le cupole cagliaritane, ma il presente articolo verrà sostanzialmente suddiviso in due parti, la prima relativa alle cupole che rappresentano dei primati nell’ambito non solo cagliaritano ma anche isolano, e la seconda seguirà un itinerario quartiere per quartiere, parlando sia delle cupole tuttora esistenti sia di quelle scomparse in seguito a diverse vicissitudini.
La cupola della Basilica di San Saturnino è la più antica di Cagliari, e verosimilmente di tutta l’Isola, essendo stata realizzata nel V secolo e venendo già citata nell’agiografia di San Fulgenzio di Ruspe che soggiornò nel vicino monastero, ora scomparso, durante il suo esilio dall’Africa. Il corpo cupolato rappresenta il nucleo più antico della Basilica che sorse sul martyria precedentemente costruito nel punto in cui, secondo la tradizione, il giovane San Saturnino venne sepolto dopo essere stato martirizzato, nel 304 d.C. Il corpo cupolato formava l’incrocio col transetto della basilica (originariamente con pianta a croce greca e tre navate in ogni braccio) e, insieme al braccio orientale absidato e al perimetro del braccio occidentale, forma tutto ciò che resta della struttura in seguito allo smembramento avvenuto nei secoli per ricavarne materiale da costruzione, soprattutto per la ricostruzione barocca della Cattedrale nella seconda metà del XVII secolo.

Basilica di San Saturnino, esterno del corpo cupolato

La cupola è realizzata interamente in pietra a vista, i conci alla base della calotta semisferica sono però più grandi di quelli che ne costituiscono la parte superiore, ciò fa pensare ad una ricostruzione a seguito di un crollo parziale, in epoca pre-romanica, e probabilmente questa fu l’occasione nella quale i pennacchi sui quali poggia la calotta vennero sostituiti da scuffie a mezza crociera. Anche il fatto che esternamente la cupola sia in gran parte nascosta alla vista poiché inserita in un alto tiburio (che comprimendo la calotta contribuisce ad una sua maggiore stabilità) fa pensare ad una maggior attenzione costruttiva probabilmente derivante da un crollo.
Non è dato sapere se originariamente la cupola, crollata o modificata, fosse decorata magari con mosaici o semplicemente intonacata; attualmente si presenta con la muratura a vista nella quale spicca un’iscrizione latina di epoca medievale realizzata con tarsie di pietra scura, preceduta da una croce: † D(eu)s qui incoasti perfice usque in finem (O Dio, Tu che hai cominciato l’opera, portala a compimento). Sopra ognuna delle quattro scuffie è poi realizzata una piccola croce sempre intarsiata in pietra scura. L’apparato decorativo si limita a questi pochi e semplici elementi.

Basilica di San Saturnino, interno della Cupola

La Chiesa col maggior numero di cupole a Cagliari e in tutta la Sardegna era, ed è ancora (il perché di questa affermazione verrà spiegato tra poco, parlando della Basilica di Bonaria), la Cattedrale di Santa Maria Assunta. La Cattedrale è infatti caratterizzata dalla presenza di ben otto cupole, che in origine erano nove: un numero piuttosto elevato (anche se ben inferiore alle 22 cupole, tra piccole e grandi, della Basilica di San Pietro, o alle 17 della Cattedrale di Palermo e alle 15 di quella di Noto), raggiunto in Sardegna solo dalla Basilica di Bonaria e seguito dalle sette cupole della chiesa di Santa Barbara a Villacidro (peraltro progettate da Domenico Spotorno, che progettò anche quelle della nostra Cattedrale).

La Cupola della Cattedrale vista dal Terrapieno.

Cattedrale di Santa Maria Assunta: Cupola della Cantoria dell’Organo

Entrando in Cattedrale le cupole visibili sono però solamente sette: la cupola maggiore all’incrocio col transetto e sei cupole a copertura delle campate delle navate laterali in corrispondenza di ogni cappella. L’ottava cupola è invece nascosta alla vista perché forma la copertura della Cantoria dell’Organo Grande (che in origine doveva formare il prolungamento visivo della navata destra fino all’abside), detto anche del Municipio, e le due balconate dalle quali sarebbe osservabile sono infatti coperte dalle canne dell’organo. Questa cupola si differenzia dalle altre poiché la sua forma è quella di un ottagono regolare, mentre le altre – inclusa la cupola maggiore – hanno la forma di un ottagono allungato, e posa su pennacchi al di sopra dei quali corre un cornicione decorato con motivi vegetali che forma anche l’imposta della cupola. Conclude la cupola un piccolo oculo circolare oggi chiuso da una pesante lastra in pietra; esternamente la cupola è visibile dalla passeggiata del Terrapieno ed è rivestita di un moderno materiale isolante in sostituzione di una precedente copertura verosimilmente in cocciopesto o in tegole. La nona cupola della Cattedrale era la gemella di quella appena descritta e formava la copertura della cantoria a nord, detta dell’Organo Piccolo o del Palazzo Arcivescovile. Si tratta dell’unica cupola scomparsa dalla Cattedrale poiché con gli ampliamenti dell’Episcopio venne demolita – pur salvando dalla demolizione i pennacchi sui quali sorgeva – e sostituita da un vano di servizio che costituisce attualmente l’unico accesso alla cantoria. I visitatori possono oggi osservare le sette cupole attualmente in vista.

Cattedrale di Santa Maria Assunta: Cupola della Cantoria dell’Organo, dettagli dell’interno

Prima di descrivere la Cupola maggiore possiamo dare una breve descrizione delle sei cupole delle navate. Ognuna delle sei cupole sottolinea l’accesso alle cappelle laterali (di Santa Cecilia, di Sant’Eusebio – o della Madonna Nera – e di San Michele nella navata destra; del Battistero, di Santa Barbara di Nicomedia e della Madonna della Mercede nella navata sinistra) ed è impostata su una base ad ottagono allungato il cui limite d’imposta è dato dal sobrio cornicione modanato poggiante sui pennacchi. Solamente due delle sei cupole, quelle centrali corrispondenti alle Cappelle di Santa Barbara e della Madonna Nera, presentano delle decorazioni sui pennacchi formate da girali di foglie d’acanto realizzate in stucco; anche la decorazione delle calotte è differente dalle altre quattro cupole, poiché è costituita da una doppia raggiera che incornicia il lanternino invece di una raggiera singola come nelle altre quattro. Ognuna delle sei cupole è poi conclusa dal lanternino sul quale si aprono quattro piccole finestre. Esternamente sono visibili dall’alto solamente i lanternini, mentre le calotte sono coperte da un rivestimento in tegole che nasconde la forma curva sotto una copertura a quattro spioventi.

Cattedrale: le sei cupole delle navate laterali.

All’incrocio tra la navata centrale, l’abside e i due bracci del transetto si eleva poi l’imponente cupola maggiore che si innalza per ben 36 metri.
La cupola maggiore ha avuto una storia lunga e piena di trasformazioni nel corso dei secoli. Venne costruita durante i restauri in chiave barocca della Cattedrale, promossi dall’Arcivescovo Pedro De Vico, a partire dal 1669. Subito dopo la costruzione, e almeno fino alla metà dell’800, la cupola ha mantenuto sempre lo stesso aspetto: una cupola a forma di ottagono allungato, su pennacchi decorati con bassorilievi in stucco raffiguranti i quattro evangelisti. Nel tamburo della cupola si aprivano ben otto finestre, una per lato, invece delle attuali quattro, e anche la lanterna era provvista di otto piccole aperture. Fin dalla sua costruzione, nella cupola venne appesa una delle più preziose opere d’argenteria realizzate nel ‘600: la lampada realizzata nel 1602 da Giovanni Mameli su commissione dell’Arcivescovo Alfonso Lasso Sedeño come dono alla Diocesi di Cagliari prima del suo trasferimento alla Diocesi di Maiorca. Nel 1842 un fulmine colpì la cupola e scese lungo le quindici pertiche di ferro che tenevano sospesa la lampada, senza creare alcun danno alla struttura.

La cupola maggiore della Cattedrale

Nel 1845 la cupola venne affrescata dal pittore Antonio Caboni con scene della vita degli Apostoli e di altri santi, mentre un bassorilievo con puttini e festoni incorniciava l’apertura della lanterna. Alla fine dell’800, per ragioni non note ma presumibilmente per problemi di staticità, la lanterna venne demolita e non comparve più nelle foto d’epoca; contemporaneamente vennero occluse le quattro finestre che si aprivano nei lati corrispondenti ai quattro punti cardinali e vennero risparmiate solamente quelle dei lati trasversali e più corti dell’ottagono. Nello stesso periodo le infiltrazioni di umidità danneggiarono in modo irreparabile gli affreschi del Caboni e l’apparato decorativo che ornava la cupola. Con un primo restauro agli inizi del ‘900 venne ricostruita la lanterna, anch’essa ormai dotata di quattro sole aperture e per la nuova decorazione bisognerà attendere i radicali restauri perdurati dalla fine degli anni ’20 alla metà degli anni ’30 che portarono a conclusione anche la decorazione delle volte nella navata e nel presbiterio. Con questi restauri si provvide a decorare la cupola con quattro grandi stemmi in luogo delle finestre precedentemente occluse, e gli elementi incisi negli stemmi fanno della cupola il simbolo della Chiesa cagliaritana sorretta dal Vangelo (rappresentato dalle quattro tele commissionate a Filippo Figari per la decorazione dei pennacchi, sovrapposte ai bassorilievi seicenteschi in stucco). Lo stemma sul lato orientale è infatti ornato con i simboli del potere temporale del Papa (le chiavi di San Pietro e la Mitra Pontificia) e con l’incisione dello stemma di Papa Pio XI (Achille Ratti), allora in carica, raffigurante un’Aquila ad ali spiegate e tre palle; lo stemma sul lato meridionale è decorato con il Galero a 10 nappe (il copricapo arcivescovile) e l’incisione dei tre monti sormontati da una nuvola da cui scaturisce la pioggia, simbolo dell’allora Arcivescovo Mons. Piovella; sul lato Occidentale lo stemma è quello della Città di Cagliari, mentre lo stemma del lato settentrionale è anch’esso decorato con un Galero a 10 nappe e l’incisione di un’Organo a simboleggiare Santa Cecilia, compatrona della Cattedrale. Completano l’apparato decorativo le lesene angolari sormontate da capitelli con volti d’angelo, le decorazioni geometriche sugli spicchi della calotta con quattro rosoni decorati in oro e le quattro fiaccole all’interno della lanterna.

La cupola della Cattedrale nelle diverse fasi costruttive. Da sx, la lanterna originaria nella seconda metà dell’Ottocento; due immagini della cupola senza lanterna alla fine del XIX secolo; i restauri e la ricostruzione della lanterna di inizio ‘900, e una foto a lavori conclusi

I quattro stemmi nella cupola maggiore della Cattedrale. Da sx: stemma Papale di Pio XI; stemma arcivescovile di Mons. Piovella; Stemma della Città di Cagliari; stemma con l’Organo, simbolo di Santa Cecilia

Al pari della Cattedrale anche la Basilica di Nostra Signora di Bonaria conta nove cupole, ma si tratta di una cupola maggiore e di otto volte a vela sormontate da cupolini a copertura delle campate nelle navate laterali. Il primato della Basilica di Bonaria è però quello di possedere la cupola più alta di tutta la Sardegna, con uno sviluppo verticale di ben cinquantadue metri dal suolo fino al vertice della lanterna.
Il progetto originario di Antonio Felice De Vincenti per la Basilica, del quale resta lo splendido modellino ligneo conservato nei locali della Facoltà di Architettura e Ingegneria in Via Corte d’Appello, prevedeva però un totale di “sole” otto cupole poiché l’attuale prima campata della Basilica doveva far parte del portico – che avrebbe avuto dunque due campate invece della singola attuale – mentre oltre l’incrocio tra la navata centrale e il transetto doveva aprirsi un ampio presbiterio circolare sormontato da una cupola più ampia e ben più alta dell’unica realizzata. Un’altra cupola, stavolta “a cipolla”, doveva sormontare l’alto campanile (70m circa) che sarebbe dovuto sorgere a destra del presbiterio, sopra l’attuale Cappella della Madonna della Vittoria.
Il progetto di Antonio Felice De Vincenti, del 1704, subì però numerose interruzioni al punto che nel 1778 l’architetto Giuseppe Viana venne incaricato di realizzare un nuovo progetto più semplice e che in gran parte corrisponde alla Basilica che conosciamo ora. Anche stavolta però non mancarono le interruzioni, dapprima nel 1798 quando si attinse al fondo per la costruzione della Basilica durante le guerre con la Francia rivoluzionaria e successivamente nel 1822 per l’istituzione, da parte di Carlo Felice, di un Asilo presso la chiesa di San Lucifero. Nel 1866, in seguito agli editti per la soppressione degli ordini religiosi, i Padri Mercedari furono allontanati dal Convento di Bonaria e i beni passarono al Demanio che non si curò di proseguire i lavori per la Basilica. L’Ordine dei Mercedari poté riprendere possesso del Complesso di Bonaria solamente nel 1902 e dal 1908 ripresero i lavori per la costruzione della Basilica, che si protrassero fino al 1926, data dell’inaugurazione.

Rilievo del Modellino Ligneo della Basilica di Bonaria (eseguito da Salvatore Rattu). Sulla destra, l’ampia cupola presbiteriale mai realizzata

Basilica di N.S. di Bonaria: la cupola maggiore negli anni ’30

Le murature perimetrali e le colonne binate che separano le navate fanno parte delle opere realizzate nella seconda metà del settecento, mentre le volte e le cupole furono realizzate a partire dal 1908 con l’uso del cemento armato, materiale che per la prima volta in Sardegna fece la sua comparsa in un edificio religioso.
Le otto volte a vela con cupolini delle campate sono coperte da lastre metalliche e si presentano all’interno sobrie e prive di decorazioni ad eccezione delle semplici cornici d’imposta e delle raggiere con al centro la croce che si trovano all’interno delle lanterne. La cupola maggiore, anch’essa con copertura in metallo, si sviluppa su un alto tamburo ottagonale con vetrate e timpani triangolari su ogni lato. Al di sopra delle paraste angolari sono poi presenti otto eleganti lucerne con fiamme che simboleggiano la fede; la lanterna presenta anch’essa otto vetrate intervallate da colonne corinzie al di sopra delle quali corre il cornicione sovrastato da otto pinnacoli con sfere sommitali.

Basilica di N.S. di Bonaria: la cupola maggiore

L’interno della cupola è oggi sobrio e dignitoso, caratterizzato da semplici cornici che inquadrano le aperture; tale sobrietà è dovuta alla ricostruzione post-bellica in quanto nel 1943, durante i bombardamenti alleati, una bomba sfondò una delle cupole della navata laterale destra ed esplose all’interno della Basilica. Lo spostamento d’aria distrusse completamente l’intero ricchissimo apparato decorativo delle volte (formato da cassettoni ottagonali in stucco con rosoni dorati), l’artistica vetrata della facciata, e la decorazione della cupola: quest’ultima era infatti interamente affrescata negli spicchi della copertura con le scene del miracoloso rinvenimento della cassa contenente il simulacro della Vergine di Bonaria e altri episodi della vita dei Padri Mercedari; negli angoli del tamburo, tra le vetrate e al di sopra di eleganti volute, erano presenti otto splendidi angeli con le ali spalancate, mentre un motivo decorativo a foglie di palma dorate correva lungo i costoloni a separare i diversi spicchi affrescati. La ricostruzione mantenne intatte le linee architettoniche ma il costo esoso già sostenuto per la decorazione originaria non consentì il ripristino degli elementi decorativi andati perduti. Nel 2000 tuttavia vennero commissionate quattro grandi tele raffiguranti altrettanti Profeti per decorare i pennacchi della cupola.

Basilica di N.S. di Bonaria: interno della Cupola maggiore

Basilica di N.S. di Bonaria: i cupolini nelle navate laterali

Le nove cupole della Basilica di Bonaria non sono però le uniche del complesso costituito dalla Basilica, dal Santuario e dal Convento. Anche il Santuario infatti presentava una cupola, non sul presbiterio (come ci si aspetterebbe), bensì nel vestibolo di accesso.
Così lo descrive il Canonico Spano: «Alla Chiesa si entra per mezzo di un vestibolo chiuso da una grata di ferro. La facciata è sporgente a curva, ed il vestibolo è sormontato da una calotta ch’è posteriore alla Chiesa». Le più antiche foto d’epoca mostrano infatti il Santuario con una semplice ed elegante facciata convessa, scandita da semplici lesene e sormontata da un cornicione; oltre questa facciata si trovava dunque il vestibolo cupolato che, con gli ampliamenti di fine ottocento e la costruzione della facciata neogotica (anch’essa oggi scomparsa), venne demolito per inglobarne gli spazi all’interno del Santuario onde realizzarvi la Cantoria tuttora presente.

Chiostro del Convento di Bonaria: cupolino della Cappella votiva

Il Convento di Bonaria conta anche altre due cupole, una delle quali a copertura della piccola cappella votiva sull’angolo nordorientale del Chiostro. Il cupolino è formato da una calotta molto ribassata, sostenuto da pennacchi sui quali sono scolpiti quattro bassorilievi in stucco raffiguranti gli Evangelisti, e la sua curvatura è appena percettibile. La decorazione della calotta è composta da un elegante corteo di puttini in stucco bianco su fondo azzurro e da un medaglione centrale che rappresenta, secondo una simbologia cristiana ben precisa, un cervo che solleva una zampa nell’atto di cacciare un drago: si tratta di una rappresentazione simbolica di Cristo, il Cervo, che scaccia il maligno. Le decorazioni di questo cupolino sono ascrivibili al seicento. L’altra cupola del Convento, ben più ampia nelle proporzioni, è quella che copre la Sala “De Profundis”, così chiamata per le orazioni che i Mercedari recitavano prima di accedere al refettorio in memoria dei loro confratelli defunti. La Cupola della Sala De Profundis ha una pianta ad ottagono fortemente irregolare ed è impostata su quattro pennacchi al di sopra dei quali corre un doppio cornicione in pietra a vista sul quale si sviluppa il tamburo con sei finestre (in origine erano otto ma due sono oggi murate), sovrastato da un alto cornicione più piccolo dei due sottostanti dal quale partono gli spicchi di copertura della calotta. La Cupola è quasi completamente priva di decorazioni, l’unico elemento presente è una piccola Croce sul vertice, nel punto di raccordo degli spicchi. La copertura della Cupola De Profundis, parimenti alle altre nove cupole della Basilica è in metallo ed è visibile solamente dal tetto o in immagini satellitari.

Convento di Bonaria: Cupola della “Sala De Profundis”

Anche la Chiesetta di San Lorenzo ha un numero considerevole di cupole, soprattutto in considerazione delle ridotte dimensioni dell’edificio: se ne contano ben sei, una per ogni cappella. La Chiesetta venne edificata agli inizi del XII secolo con pianta a due navate separate da un setto divisorio sostenuto da basse colonne doriche; ogni navata era conclusa con un’abside. Nel settecento la chiesa subì un ingrandimento che, sebbene comportò l’occlusione delle due absidi, fu l’occasione per creare il piacevole atrio con porticato dal quale si accede oggi alla chiesa. In tale occasione, con il finanziamento di devoti privati, si provvide ad aprire anche sei cappelle laterali. Dall’atrio si accede alla chiesa mediante un portale in trachite (ispirato nelle sue forme a quello del braccio meridionale del transetto della Cattedrale) attraverso il quale si giunge ad una prima campata che venne aggiunta alle originarie tre dell’originaria struttura romanica verosimilmente in un’epoca precedente l’aggiunta del portico e delle cappelle: infatti il portale d’accesso mostra stilemi tardogotici e potrebbe risalire al XVI secolo. Come detto, le cappelle aperte nel settecento sono sei (quelle della navata destra dedicate a Sant’Onofrio, a San Pancrazio e alla Madonna di Valverde; quelle a sinistra sono dedicate al Cristo Catturato, alla Vergine della Speranza e a San Raffaele Arcangelo) e sono coperte da eleganti cupole semisferiche sormontate da lanterne con quattro aperture sulle quali si imposta una piccola calotta ogivale di copertura. Il rivestimento esterno è in cocciopesto, mentre all’interno non sono presenti decorazioni se si eccettuano le sobrie modanature in stucco che sottolineano gli archi di sostegno e l’imposta delle calotte al di sopra dei pennacchi.

Le sei cupole della Chiesetta di San Lorenzo.

Chiesetta di San Lorenzo: esterno delle tre cupole delle cappelle nella navata destra.

Campanile della Chiesa di San Pietro Apostolo a Pirri

Sono invece cinque le cupole che contraddistinguono la Parrocchiale di San Pietro Apostolo a Pirri: quattro nelle cappelle interne e una sul campanile. La chiesa attuale risale al XVI secolo ma è verosimile che la costruzione sia stata realizzata su una chiesa precedente. Originariamente la Chiesa di San Pietro aveva una pianta a croce latina ma con gli ampliamenti seicenteschi venne dotata di quattro cappelle – due su ogni lato – aventi le stesse dimensioni dei bracci del transetto, a loro volta trasformati in cappelle laterali. Non è presente, invece, una cupola all’incrocio tra la navata e il transetto. Le quattro cupole (a copertura delle cappelle del Battistero, del Sacro Cuore, di Cristo Redentore e di Maria Ausiliatrice) sono formate da calotte su pianta ottagonale sostenute da pennacchi e tre di esse si presentano semplici e sobriamente intonacate in bianco. Solo la Cappella del Sacro Cuore mostra una decorazione di matrice squisitamente barocca nelle cornici delle finestre aperte sul tamburo, sormontate da un motivo decorativo con conchiglia centrale. Gli spicchi della cupola invece sono rimarcati con cornici decorate da foglie d’acanto, all’interno delle quali doveva essere prevista una decorazione ad affresco andata perduta o mai realizzata. La quinta cupola è quella che copre la sommità del campanile cinquecentesco di matrice ancora tardo-gotica (situato sul lato sinistro come in tutte le chiese derivate dal San Giacomo di Cagliari) e venne realizzata con gli ampliamenti del XVII secolo. Delle cinque cupole è l’unica a presentare una copertura a squame di maiolica, mentre quelle delle cappelle dovevano presentare originariamente una copertura in cocciopesto e oggi risultano protette da moderni materiali isolanti.

Chiesa di San Pietro Apostolo a Pirri: le quattro cupole delle cappelle laterali

Chiesa di Sant’Antonio dei Cappuccini: cupola del Santuario di Sant’Ignazio da Laconi

L’ultima Chiesa con cupole in questa prima fase del post è la Chiesa di Sant’Antonio da Padova (meglio nota come Chiesa dei Cappuccini) che presenta ben quattro cupole, tre delle quali realizzate al termine della costruzione della Chiesa nella prima metà del XVII secolo. Le tre cupole più antiche formano la copertura delle tre cappelle della navata destra (dedicate a Sant’Antonio da Padova, all’Immacolata Concezione e a San Felice). Solo la cupola della Cappella di San Felice è impostata su pennacchi mentre le altre due cupole si innalzano su scuffie a mezza crociera; ogni cupola si innalza su un tamburo molto basso al di sopra del quale corre un ampio cornicione che costituisce l’unico elemento decorativo delle cupole, ad eccezione della chiave di volta nei lati interni degli archi d’accesso. Esternamente le cupole sono coperte da squame in maiolica di un colore rosso bruno. La quarta cupola fa parte del Santuario di Sant’Ignazio da Laconi realizzato negli anni ’40, occludendo parte dell’antico chiostro, su disegno dell’architetto francescano Antonio Barluzzi che progettò una struttura ispirata all’architettura bizantina con cupola centrale e un deambulatorio che corre lungo l’aula e dietro l’abside dai quali è separato tramite un setto divisorio poggiante su sobrie colonne di marmo nero con capitelli in marmo bianco decorati da intarsi con semplici croci in pietra scura. La decorazione a mosaico che riveste il catino absidale, il setto divisorio e soprattutto i pennacchi e la cupola è opera dell’artista Angelo Gatto (al quale si deve anche la decorazione della Cappella di Sant’Ignazio nella chiesa di Sant’Ambrogio a Laconi. I mosaici dei pennacchi rappresentano Santi francescani mentre sulla cupola è rappresentato Sant’Ignazio tra le virtù. Anche la copertura del Santuario di Sant’Ignazio è realizzata con squame in maiolica rossa.

Chiesa di Sant’Antonio dei Cappuccini: cupole delle cappelle nella navata destra

Campanile della Basilica di Santa Croce

Il percorso tra le cupole si sposta ora di quartiere in quartiere, non essendoci altre chiese che ne abbiano più di quattro.
In Castello le cupole, oltre quelle della Cattedrale, sono effettivamente rare ma ognuno dei pochi esemplari presenta caratteristiche singolari. Il primo cupolino in esame si trova nella Basilica di Santa Croce, ma non fa parte della Basilica vera e propria che, rispondendo agli stilemi costruttivi tipici delle architetture gesuitiche, ne è del tutto sprovvista: il cupolino infatti forma la gradevole copertura del piccolo campanile che rappresenta un suggestivo punto di riferimento nelle panoramiche di Castello. Il cupolino presenta pianta ottagonale ed è impostato sulla canna quadrata del campanile realizzato nel XVI secolo con monofore archiacute che richiamano ancora alla tradizione tardogotica pur inserendosi armoniosamente nell’architettura manierista della Basilica. La copertura del cupolino è realizzata con squame di maiolica di diversi colori ed è sormontata da un lanternino cieco a sua volta concluso da una calotta semisferica.

Chiesa di Santa Maria del Monte

A brevissima distanza dalla Basilica di Santa Croce, oltre il complesso Mauriziano che oggi ospita la Facoltà di Architettura e Ingegneria, si trova la Chiesa di Santa Maria del Monte di Pietà. Costruita nella seconda metà del XVI secolo, la Chiesa di Santa Maria del Monte rappresenta un felice connubio fra una tradizione architettonica ancora tardogotica ed elementi rinascimentali. La cupola è l’elemento architettonico in cui è maggiormente visibile l’incontro tra i due diversi linguaggi architettonici: costruita come copertura del Coro, è separata dalla volta a crociera stellata del Presbiterio mediante un arco a sesto acuto il cui intradosso è decorato da un motivo a foglie d’acanto e il cui margine superiore è costituito da un cornicione su dentelli, di matrice già rinascimentale, e il cui motivo viene ripreso proprio nel cornicione che forma l’imposta della calotta ottagonale della cupola. A questo cornicione rinascimentale fanno da contrappunto le quattro scuffie a mezza crociera che sostengono la cupola e che sono sottolineate da robusti costoloni poggianti su peducci scolpiti con motivi vegetali legati ancora alla tradizione tardogotica. Sul vertice della cupola si apre la lanterna con quattro finestre. Esternamente, la cupola è rivestita interamente in cocciopesto esattamente come le due volte a crociera delle campate dell’aula e quella leggermente più bassa del presbiterio.

Santa Maria del Monte, interno della Cupola

A ridosso del fronte interno della Torre dell’Elefante sorge la Chiesa di San Giuseppe Calasanzio, costruita a partire dal 1663 come chiesa del Collegio dei Padri Scolopi, edificato su un isolato di case più antiche affaccianti sull’attuale Via San Giuseppe e su una strada che correva lungo le originarie mura pisane le cui fondamenta oggi fanno parte proprio dei locali seminterrati del complesso degli Scolopi che per lungo tempo ha ospitato il Liceo Artistico.

Chiesa di San Giuseppe Calasanzio

Sia la Chiesa di San Giuseppe Calasanzio che il Collegio sono dotati di cupole, seppure assai differenti tra loro. La Chiesa venne costruita seguendo lo schema tipico degli edifici scolopici che avevano la duplice funzione di luoghi di culto e d’istruzione, e si caratterizza per una concezione spaziale tipicamente barocca di derivazione romana. L’evidenza della connotazione scolopica dell’edificio è data anche dalla notevole somiglianza con un altro importante edificio costruito dall’Ordine degli Scolopi, la Chiesa di San Domenico a Chieti che si differenzia da quella di San Giuseppe Calasanzio solamente per pochi dettagli e in particolare per l’aggiunta di un timpano curvo al termine della facciata che risulta invece assente nella chiesa cagliaritana conclusa da un terminale piatto. La cupola della Chiesa costituisce la copertura dell’ampio presbiterio (che ospita anche un’imponente altare maggiore del 1777 opera del lombardo Giovanni Battista Franco) ed è costituita da una calotta ottagonale poggiante su un alto tamburo finestrato sorretto da pennacchi; completa la cupola la lanterna di proporzioni armoniche rispetto all’insieme della struttura. L’interno del vano cupolato necessita attualmente di un importante intervento di recupero e si presenta sobrio e privo di decorazioni ad esclusione delle cornici che segnano il limite d’imposta del tamburo e della calotta; l’interno è liscio e semplicemente intonacato in azzurro e le finestre sono prive delle cornici che le sottolineavano prima della ricostruzione post-bellica (la chiesa e il ricco apparato decorativo che la caratterizzava furono infatti devastati dai bombardamenti del 1943). Anche i preziosi affreschi dei pennacchi raffiguranti gli Evangelisti, già comunque compromessi dal tempo, scomparvero in seguito alla distruzione bellica.

Cupola del Collegio degli Scolopi

L’esterno della cupola è contraddistinto dal bel rivestimento in maioliche a squame policrome e dalle lesene bugnate che scandiscono gli angoli del tamburo. Tale soluzione decorativa presenta similitudini con la cupola della Cattedrale ma soprattutto con la chiesa di San Michele Arcangelo ad Alghero in particolare per l’uso di bugne a conci sfalsati nelle lesene (mentre quelle della Cattedrale presentano filari di bugne delle stesse dimensioni) e per un fregio liscio che corre lungo il margine superiore del tamburo sotto il cornicione d’imposta della calotta.
Per chi osserva la cupola dalla Torre dell’Elefante (come nella foto sottostante, di Riccardo Guantini) è suggestiva la vicinanza tra la cupola della Chiesa e quella del Convento. Tale cupola, attualmente a copertura del vano scale dell’ex Convento ma presumibilmente parte di una precedente cappella (il Convento ha subito infatti numerosi e controversi restauri nel tempo), si differenzia da quella della chiesa per un linguaggio ancor più marcatamente barocco – ben rappresentato dalle finestre mistilinee con arco ribassato – e per l’assenza di una lanterna. Purtroppo la cupola versa attualmente in stato di abbandono, specialmente dopo la chiusura – otto anni orsono – del Liceo, e le finestre sono state puntellate per evitare crolli. La copertura, un tempo probabilmente rivestita di maioliche al pari di quella della Chiesa di San Giuseppe, è rivestita attualmente da uno strato di guaina isolante rossa che ben poco valorizzava la struttura anche quand’essa non minacciava il crollo.

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Con l’ex Complesso degli Scolopi si chiude il percorso tra le cupole di edifici religiosi in Castello ma prima di spostarsi nella Marina è doveroso citare altre due cupole del quartiere Castello facenti parte di edifici pubblici. Il primo edificio è l’ex Regio Museo Archeologico di Piazza Indipendenza, progettato in stile eclettico, con ispirazione neorinascimentale, dall’architetto Dionigi Scano e inaugurato nel 1904. Dal bel prospetto caratterizzato da eleganti colonne corinzie, si accede all’atrio che funge da raccordo tra la facciata ortogonale al Palazzo delle Seziate e alla Piazza Indipendenza, e alla struttura vera e propria dell’ex Museo che è disposta con un orientamento diagonale rispetto all’asse della facciata. Si presentò dunque l’esigenza di raccordare la struttura vera e propria del Museo con la facciata e i vani di forma irregolare che vi si affacciano. A tale necessità si pose rimedio realizzando un vestibolo circolare sormontato da una cupola posta in asse col portale e affiancato dai due vani di servizio che nascondono così la loro forma. L’elegante cupolino è di forma emisferica ed è concluso da un grazioso lucernaio liberty in ferro esternamente dipinto in bianco e concluso da una pigna decorativa in ferro battuto. L’esterno della calotta è invece rivestito da maioliche policrome a squame.

Cupola dell’ex Regio Museo Archeologico vista dal Palazzo delle Seziate

Cupolino dell’Asilo Comunale

Non lontano dall’ex Museo Archeologico, davanti alla Chiesa di Santa Lucia, si apre un ampio cortile del quale si è lungamente parlato in un precedente articolo sul Medaglione Liberty di Via Martini. Il cortile è parte dell’Asilo Comunale che su esso prospetta e dal suo interno – così come dalla Terrazza Mundula – è ben visibile il singolare cupolino che copre il vano scala interno. Tale cupolino è caratterizzato dall’alto – e sproporzionato – tamburo circolare sul quale è innestata la calotta semisferica di copertura. La piccola struttura assume così l’aspetto di una garitta ed è probabile che questa fosse effettivamente la sua funzione originaria vista anche la precedente destinazione d’uso dell’edificio che nacque infatti come Caserma dei Carabinieri.
Il percorso tra le cupole di Cagliari si sposta dal Castello verso il quartiere Marina che racchiude al suo interno alcune tra le cupole più importanti della Città.
La più imponente tra le cupole della Marina è sicuramente quella della Chiesa di Sant’Antonio Abate nella via Manno (“Sa Costa”).
La Chiesa venne costruita su un edificio preesistente facente parte del complesso costituito dall’Ospedale di Sant’Antonio e dal convento dei Padri Agostiniani. L’ordine degli Agostiniani venne sostituito dall’Ordine degli Spedalieri di San Giovanni di Dio nel 1638 e dopo tre decenni, nel 1674, cominciarono i lavori di restauro e ammodernamento dell’intero complesso. La chiesa venne completata nel terzo decennio del XVIII secolo e consacrata definitivamente nel 1723, come testimoniato dalla lapide murata nell’atrio di ingresso. Il progetto della Chiesa si deve presumibilmente al lombardo Francesco Lagomaggiore, già accreditato nei lavori di rifacimento della Cupola del Duomo e al quale si deve con ogni probabilità anche la Chiesa di San Michele, assai affine nella concezione spaziale a quella di Sant’Antonio seppur se ne differenzi in modo netto nel partito decorativo.

Cupola di Sant’Antonio Abate in una foto del Delessert del 1854

La Chiesa di Sant’Antonio Abate mostra caratteri ispirati al barocco romano e l’aula è formata quasi interamente dall’ampio vano centrale, coperto dall’imponente cupola, attorno al quale si aprono le sei cappelle radiali e il Presbiterio (appena più profondo delle cappelle). La cupola subì sostanziali modifiche nel corso del tempo sia nel suo aspetto esterno che nell’aspetto interno, in modo particolare con i restauri di inizio ‘900. Esternamente infatti – come testimonia anche una delle più antiche immagini che la ritraggono, ovvero la “Veduta verso Castello dall’Hotel du Progres” di Edouard Delessert (del 1854) – la copertura era rivestita da maioliche verosimilmente policrome e il tamburo era più alto rispetto ad oggi con una minore curvatura degli spicchi formanti la calotta. La maggiore altezza del tamburo consentiva la presenza di quattro oculi circolari e quattro medaglioni sovrapposti alle otto finestre che tuttora si aprono nel tamburo e che in origine erano rimarcate da cornici mistilinee di gusto prettamente barocco ben stagliate sull’intonaco scuro grazie anche a una cromia chiara usata anche per le paraste angolari. I restauri cui fu sottoposta la chiesa comportarono l’abbassamento del tamburo con una maggiore curvatura della calotta e la conseguente eliminazione degli otto oculi circolari; il rivestimento esterno in maioliche fu inoltre sostituito dall’attuale copertura in piombo che in ogni caso valorizza in modo efficace l’eleganza formale della costruzione. Anche le cornici attorno alle finestre sparirono e vennero sostituite da fasce lisce della stessa tonalità utilizzata per il tamburo. Se si osserva bene la cupola, specialmente dalla via Manno, è possibile notare che la base della calotta mostra una curvatura appena meno accentuata rispetto alla parte superiore, proprio perché si tratta della muratura del tamburo abrasa per consentirne l’abbassamento e non di una porzione degli spicchi sovrastanti.

La Cupola di Sant’Antonio Abate dal Bastione del Balice

Anche l’interno, come detto in precedenza, subì radicali trasformazioni. Nella seconda metà dell’ottocento l’interno venne infatti arricchito da preziosi affreschi firmati dal riminese Guglielmo Bilancioni già attivo a Cagliari (dove si conservano ancora gli affreschi della Cappella Aru nel Cimitero Monumentale di Bonaria) e operante anche ad Atene dove realizzò il ciclo di affreschi nell’abside e nell’arco trionfale della Cattedrale di San Dionigi l’Areopagita. Purtroppo le infiltrazioni e l’incuria danneggiarono fortemente il ricco apparato decorativo e con i successivi restauri gli affreschi e gli stucchi vennero eliminati e si realizzò una decorazione altrettanto suggestiva ed elegante ma più sobria che ben si armonizza con le decorazioni dell’aula. In luogo degli oculi e dei medaglioni originari vennero realizzati otto medaglioni che alternano quattro Tau e quattro monogrammi della Vergine Maria, attorniati da raffinati festoni di frutti, fiori e foglie realizzati in stucco. Al vertice degli spicchi della calotta altri otto medaglioni formano il nome del Santo Patrono, +A+NTONIVS; ad essi sono sovrapposti otto festoni in stucco dorato che attorniano la base della lanterna.

Gli affreschi del Bilancioni oggi scomparsi

Cupola di Sant’Antonio Abate, interno.

Cappellone di N.S. della Pietà, esterno della cupola

La Cupola della Chiesa di Sant’Antonio convive nel paesaggio urbano con la vicinissima cupola della grande Cappella di N.S. della Pietà facente parte della Chiesa del Santissimo Sepolcro. La Cappella forma quasi una piccola chiesa a pianta centrale a sé stante e venne fatta realizzare – unendo le due cappelle centrali delle quattro originariamente presenti sul fianco sinistro della chiesa – nel 1683 dal viceré Antonio Lopez de Ayala come voto per la guarigione della figlia. Il Viceré fece inoltre realizzare il ricchissimo altare ligneo ospitante il cinquecentesco simulacro della Vergine della Pietà il cui rinvenimento, agli inizi del XVII secolo, fu ritenuto miracoloso e verso il quale venne espresso proprio il voto del Lopez de Ayala. L’interno dell’ampio ambiente è sovrastato dalla cupola sorretta da pennacchi nei quali sono dipinti gli Evangelisti (due degli affreschi sono però opera del 2006 in sostituzione di quelli andati perduti già da diversi decenni) ed è impreziosito dalle finissime pitture parietali a candelabra, a festoni di alloro e ghirlande alternate a teste d’angelo. Gli otto spicchi della cupola sono inoltre arricchiti da medaglioni centrali nei quali sono raffigurati puttini che recano con sé i simboli della Passione di Cristo, mentre al centro della cupola, al di sopra di una balaustra dipinta a Trompe-l’œil, è rappresentata l’Ascesa di Gesù al Cielo. La presenza dell’affresco con l’Ascesa di Cristo è interessante non solo dal punto di vista artistico, ma anche dal punto di vista strutturale della cupola: infatti è realizzato sul punto in cui dovrebbe aprirsi la lanterna che completa l’esterno della cupola e che, dunque, si rivela come un elemento posteriore realizzato al fine di sopraelevare visivamente la cupola senza però alterarne l’impianto interno.

Chiesa del Santissimo Sepolcro, cupola del Cappellone di N.S. della Pietà

Sia la lanterna, priva di finestre e sulla quale è posta la Croce che sormonta un globo di bronzo e una bandiera segnavento, che la calotta sono rivestite in cocciopesto di una tonalità bruna, mentre il tamburo della cupola e quello della lanterna si caratterizzano per il bugnato delle paraste angolari che dà all’insieme un aspetto elegante e solido al tempo stesso. La cupola del Cappellone della Pietà non è però la sola della chiesa del Santissimo Sepolcro. Anche la Cappella di San Pasquale Baylón, a sinistra del Cappellone della Pietà, è sormontata da una piccola cupola le cui dimensioni ridotte le consentono di posare direttamente su spigoli aperti anziché su pennacchi o scuffie. Su ogni spigolo è scolpita in bassorilievo una conchiglia, mentre la calotta semisferica è decorata alla base con un cornicione e un fregio dipinti ai quali si sovrappone un motivo a palmette e arabeschi sovrastato da dieci spicchi affrescati con un motivo quadrettato e, infine, un medaglione centrale dipinto in tonalità dorate. Le pitture sono opere del pittore Tonelli attivo nel XVIII secolo.

Chiesa del Santissimo Sepolcro: cupolino della Cappella di San Pasquale Bàylon

A poche decine di metri dalla Chiesa del Santissimo Sepolcro è possibile visitare il più importante esempio di architettura rinascimentale a Cagliari: la Chiesa di Sant’Agostino Nuovo o Intra Moenia. La Chiesa venne progettata da Giorgio Palearo Fratino, già attivo in città nell’ammodernamento del sistema difensivo. Proprio per tale ammodernamento la Chiesa e il Convento di Sant’Agostino extramuros vennero demoliti quasi del tutto nel 1576: si salvò solo una parte di una navata laterale della Chiesa, che venne poi trasformata in una chiesetta più piccola, a sua volta demolita alla fine dell’800 per costruire il Palazzo Accardo, nel Largo Carlo Felice. Dell’intero complesso si salvò l’ambiente ipogeico noto oggi come Cripta di Sant’Agostino. Come risarcimento per gli Agostiniani rimasti senza Chiesa e senza convento, fu disposta dal re Filippo II la costruzione della nuova chiesa da edificarsi all’interno della cinta muraria della Marina. Il nuovo edificio, la cui costruzione cominciò nel 1577, risponde ai canoni dell’architettura rinascimentale; si tratta di una chiesa con pianta a croce latina coperta da volta a botte con una cupola emisferica all’incrocio tra l’aula e il transetto. Il presbiterio è coperto da una volta a botte cassettonata decorata con rosoni secondo un modello assai prossimo alla Cappella del Rosario dell’antica chiesa di San Domenico e alla Cappella Ripoll della distrutta Chiesa del Carmine (delle quali si parlerà più avanti). La cupola è impostata su pennacchi interrotti a metà della loro altezza da trombe coniche le cui basi poggiano su una sottile cornice. La calotta è separata dai pennacchi da una cornice modanata impostata su quelli che a prima vista sembrano dentelli ma la cui forma lievemente ricurva consente di identificare come mensoline. Lo stesso motivo decorativo corre lungo tutta la trabeazione della chiesa. La cupola è priva di decorazioni, seppure sia ipotizzabile che nel progetto originario potesse essere prevista una decorazione ad affresco mai realizzata. Tuttavia il semplice intonaco bianco che la riveste valorizza le armoniose proporzioni e la felice soluzione spaziale adottata nel progetto. Esternamente la calotta è rivestita in cocciopesto.

Chiesa di Sant’Agostino Nuovo: interno della cupola

Una cupola analoga a quella della chiesa di Sant’Agostino formava la copertura del presbiterio nella distrutta chiesa di Santa Lucia. L’edificio venne lesionato dai bombardamenti alleati del 1943 proprio nell’area della cupola, ma i danni non furono tali da provocarne il crollo. Fu solamente nell’immediato dopoguerra che si decise la sua demolizione per realizzarvi al suo posto una piazza mai portata a termine. La cupola non era precisamente impostata su pennacchi: essendo di diametro più stretto rispetto allo spazio compreso tra gli archi d’imposta risultava in modo singolare come una piccola calotta sferica applicata su una volta a vela. Anche in questo caso non erano presenti decorazioni fatta eccezione per la cornice modanata su dentelli che segnava l’innesto della calotta sulla volta presbiteriale.

Chiesa di Sant’Eulalia, cupola del Coro.

Poco distante dai resti della Chiesa di Santa Lucia, la Chiesa di Sant’Eulalia fa mostra di ben tre cupole, due delle quali legate a caratteri decorativi ancora tardogotici e una di matrice rinascimentale simile alle già citate cupole di Sant’Agostino e Santa Lucia. La chiesa di Sant’Eulalia venne eretta su strutture precedenti a loro volta realizzate su preesistenze romane, ed è documentata a partire dal XIV secolo almeno per il suo impianto originario che doveva prevedere la sola aula a due campate e il presbiterio. Interventi cinquecenteschi portarono all’apertura delle otto cappelle tra i contrafforti, due per lato in ogni campata e alla realizzazione del coro cupolato. La cupola del coro presenta caratteri tardo-cinquecenteschi coevi dunque alla cupola di Sant’Agostino con la quale presenta diverse affinità che farebbero supporre si tratti di opere degli stessi progettisti e dunque i fratelli Palearo Fratino. Anche la cupola di Sant’Eulalia è semisferica ed impostata su pennacchi interrotti a metà della loro altezza da trombe coniche su cornici. Differentemente dalla Chiesa di Sant’Agostino, nella cupola del Coro di Sant’Eulalia il tratto di muratura sottostante le trombe non è intonacato e mostra la pietra cantone lasciata a vista. Anche in questa cupola una cornice modanata su dentelli prossimi alla forma di mensoline separa la calotta dai pennacchi. Al vertice della cupola si apre il lanternino leggermente fuori asse. L’interno è anch’esso privo di decorazioni scultoree e pittoriche eccettuate le modanature in pietra a vista. All’esterno la cupola è caratterizzata da costoloni tra i quali è steso il rivestimento in cocciopesto (che ha sostituito un rivestimento in piastrelle blu applicato nel secondo dopoguerra) e dai quattro contrafforti angolari modanati.

Chiesa di Sant’Eulalia, cupola del Coro

Un’altra bella cupola all’interno della chiesa di Sant’Eulalia copre la cappella dell’Addolorata. La cupola è impostata su un alto tamburo a pianta ottagonale nel quale si aprono tre rosoni sui lati orientati a sud. L’interno è caratterizzato da un semplice intonaco bianco sul quale spiccano i costoloni raccordati ai pilastri angolari del tamburo tramite una sottile cornice; i pilastri del tamburo proseguono poi al di sotto di un più ampio cornicione per poggiare infine su otto peducci. Il tamburo è retto da scuffie angolari a mezza crociera archiacuta. Sul vertice della cupola, in luogo della lanterna è invece presente un rosone decorato con una girale di foglie d’acanto e otto motivi floreali sugli angoli.

Chiesa di Sant’Eulalia, Cappella dell’Addolorata: Interno della Cupola

Sant’Eulalia, cupola della Cappella del Crocifisso

Analoga alla cupola della Cappella dell’Addolorata è quella che copre la Cappella del Crocifisso (realizzata a sinistra dell’ingresso alla chiesa, simmetricamente al campanile), che si differenzia solamente nella planimetria ad ottagono allungato e nelle dimensioni minori. Anche in questo caso i peducci posti sotto la cornice d’imposta del tamburo sostengono i pilastri angolari dai quali si dipartono i costoloni che si incontrano nel rosone decorato con la girale d’acanto al vertice della cupola. Il sostegno del tamburo è dato da pennacchi lisci, mentre gli archi di sostegno non proseguono fino a terra tramite pilastri ma sono anch’essi sorretti da peducci.

Campanile di Sant’Eulalia, pre-1914

Una quarta cupola ottagonale era invece presente sino ai restauri del 1912 sulla cima del campanile e risaliva ai restauri barocchi del XVIII secolo. La cupola poggiava su un doppio tamburo nella cui parte inferiore si aprivano finestre polilobate mentre nella fascia superiore erano presenti quattro oculi circolari. Sulla calotta erano poi presenti altre quattro aperture laterali che ne alleggerivano il peso. Concludeva il campanile un sottile ed elegante lanternino sormontato dalla Croce in ferro battuto. Il cupolino venne sostituito coi suddetti restauri da una cuspide progettata per dare un aspetto gotico ad una parte del campanile che non fu mai gotica poiché realizzata successivamente alla prima fase costruttiva, pertanto pur inserendosi nel contesto neogotico del prospetto principale e di quello laterale, è incoerente con quella che è la storia architettonica dell’edificio.
Il percorso dalla Chiesa di Sant’Eulalia a quella di Santa Rosalia – anch’essa fornita di tre cupole – si snoda in salita attraverso la via Sant’Eulalia che si incrocia con la Piazzetta Dettori dove l’Auditorium Comunale, ovvero l’ex Chiesa di Santa Teresa, fa mostra al suo esterno di un’ampia e alta cupola rivestita in maioliche policrome a squame.

Cupola di Santa Teresa, l’interno in una foto d’epoca

La Chiesa di Santa Teresa venne costruita alla fine del XVII secolo come casa professa del convento gesuitico ora ex Liceo Artistico. In seguito agli abbandoni da parte dei gesuiti nel 1774 e successivamente nel 1848 la Chiesa non venne mai ultimata, e anche il Canonico Spano nella sua “Guida della Città di Cagliari” riferisce di una chiesa incompleta con solo due altari in stucco in due cappelle laterali e un altare maggiore realizzato nei suoi elementi principali ma mai montato. In seguito ai bombardamenti del 1943 la chiesa riportò danni notevoli e con la ricostruzione venne trasformata in Auditorium Comunale in sostituzione del Teatro Civico e del Politeama Regina Margherita andati distrutti il primo dai bombardamenti del ’43 e il secondo da un incendio nel ’42. La cupola è, insieme alla facciata, l’unico elemento originario della Chiesa, ed è celata alla vista all’interno dell’aula dell’Auditorium. Lo spazio interno della cupola è infatti stato trasformato in vano di servizio ed è possibile osservarlo solo in foto d’epoca. L’esterno si caratterizza invece per il rivestimento maiolicato e per il lanternino posto sulla sommità.

Cupola dell’ex Chiesa di Santa Teresa, ora Auditorium Comunale

Santa Rosalia – Cupola del Presbiterio

Dalla chiesa di Santa Teresa, percorrendo la via Principe Amedeo, si raggiunge la Chiesa di Santa Rosalia in via Torino. Anche nella chiesa di Santa Rosalia è possibile osservare tre cupole, tra loro differenti. La chiesa sorge su un oratorio dedicato a Santa Rosalia, costruito a metà del XVII secolo come ex voto per la fine della peste. A sua volta l’Oratorio sorgeva su preesistenze del XV secolo. Nel 1740, dopo varie vicissitudini, i Padri Minori Osservanti – rimasti senza chiesa e convento in seguito alla distruzione del complesso di Santa Maria di Gesù o di Jesus (dove oggi sorge l’ex Manifattura Tabacchi), nel 1718 – ottennero l’autorizzazione ad edificare la nuova chiesa che subirà rimaneggiamenti lungo i due secoli successivi fino al 1963. L’interno è formato da un’aula voltata a botte con quattro cappelle per lato e un ampio presbiterio cupolato. La cupola del presbiterio si innalza su un alto tamburo con pianta ad ottagono regolare nel quale si aprono otto ampie finestre riquadrate da semplici cornici lisce. Il tamburo poggia su quattro pennacchi, tre dei quali ospitano ancora dei medaglioni con le immagini di tre Evangelisti: si tratta dei pochi elementi superstiti del ricco apparato decorativo che impreziosiva il presbiterio fino agli adeguamenti secondo i dettami del Concilio Vaticano II, visibile in alcune immagini d’epoca. Al di sopra dei pennacchi, un primo cornicione segna l’imposta di un fregio liscio sul quale si innesta un ulteriore cornicione più ampio del sottostante e che segna la base del tamburo, il quale è poi raccordato agli spicchi della calotta da una terza cornice più semplice. La lanterna è presente solo all’esterno della cupola, che presenta il tradizionale rivestimento a squame in maioliche policrome.

Chiesa di Santa Rosalia – Cupola del Presbiterio

Cappella di San Pasquale Baylón e Santa Rosalia, cupola.

Una seconda cupola forma la copertura della cappella immediatamente a destra del Presbiterio, dedicata a San Pasquale Baylón e a Santa Rosalia (e in uso come Cappella del Santissimo Sacramento). Anche in questo caso si tratta di una calotta su base ottagonale ma di forma allungata. La cupola è priva di tamburo e si innalza su quattro pennacchi raccordati agli spicchi da due cornicioni separati da un fregio liscio. La particolarità di questa seconda cupola è data dalle due finestre ottagonali aperte direttamente sui due spicchi estremi della calotta. L’interno è semplicemente intonacato e privo di apparato decorativo anche se è possibile che un insieme di decorazioni, seppur modeste, sia andato perduto con i restauri degli anni ’60 che hanno eliminato il ricco insieme pittorico che decorava l’interno dell’aula. La lanterna – come nella cupola del presbiterio – è presente solo all’esterno (dove un moderno rivestimento isolante sostituisce una precedente copertura presumibilmente in squame di maiolica.

Chiesa di Santa Rosalia – Cappella di San Pasquale Baylón e a Santa Rosalia, interno della cupola

La terza cupola, di dimensioni piuttosto contenute, si apre insolitamente sulla volta a botte della Cappella dedicata alla Vergine di Lourdes. Il cupolino ha pianta ottagonale e la sua imposta sulla volta è rimarcata da una cornice quadrata con un motivo a foglie e rosette. Al di sopra della cornice si impostano i quattro pennacchi, decorati con motivi vegetali, sopra i quali corre una cornice ad ovoli che segna il limite del tamburo. Quest’ultimo, nonostante le dimensioni limitate della planimetria, si sviluppa notevolmente in altezza e presenta quattro finestre. Una semplice cornice fa da raccordo con la calotta priva di decorazioni. L’esterno è rivestito dalle consuete maioliche policrome e non presenta lanterna sommitale: al suo posto è presente un concio prismatico di pietra sul quale originariamente doveva essere collocata una Croce in ferro.

Santa Rosalia, Cappella di N.S. di Lourdes: interno ed esterno del cupolino

Il percorso tra le cupole della Marina non si conclude con le cupole di Santa Rosalia ma si sposta ora nella via Roma dove il palazzo del Consiglio Regionale ospita tre delle cupole più recenti nella storia architettonica di Cagliari. Il Palazzo, progettato nel 1963 dall’architetto romano Mario Fiorentino, sorge su una vasta area un tempo occupata da isolati di palazzine caratteristiche del quartiere e da alcuni edifici prospettanti sulla via Roma che subirono notevoli danni durante i bombardamenti del 1943 e in seguito vennero demoliti (tutti ad eccezione del bellissimo Palazzo Rossetti che era rimasto intatto alla distruzione bellica ma dovette soccombere alla demolizione per far posto al Palazzo del Consiglio). Dopo alterne vicende, la costruzione del Palazzo terminò esattamente trent’anni fa, nel 1988. La struttura si sviluppa su una planimetria a forma di H nella quale due cupole in metallo e vetro formano la copertura dei vani scala di raccordo e la grande cupola centrale dell’Aula del Consiglio Regionale forma il nucleo centrale dell’intera struttura. Internamente la cupola è sorretta da un ampio numero di costole lignee al centro delle quali è incastonato il notevole e prezioso lampadario formato da oltre 600 gocce di cristallo di grandi dimensioni. L’aspetto interno è caratterizzato dunque da un singolare contrasto tra le superfici ombreggiate tra i costoloni e gli spazi illuminati dal lampadario e alla base dell’imposta. Esternamente la cupola presenta una copertura in materiali isolanti e una calotta più piccola in metallo e vetro che illumina in modo naturale l’oculo sovrastante il lampadario anche in assenza di luci artificiali.

Palazzo del Consiglio Regionale – Interno della cupola dell’Aula Consiliare

Palazzo del Consiglio Regionale, esterno della cupola dell’Aula Consiliare

I Campanili della Collegiata di Sant’Anna

Il viaggio tra le cupole si sposta ora dalla Marina nel quartiere Stampace, dove già dalla Piazza Yenne è possibile ammirare il complesso formato dalle tre cupole della Collegiata di Sant’Anna (alle quali si aggiungono i due cupolini dei campanili) e dalla grande cupola della Chiesa di San Michele Arcangelo.
La Collegiata di Sant’Anna venne costruita a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, e precisamente dal 1785, in seguito alla demolizione di una più piccola chiesa duecentesca, sempre dedicata a Sant’Anna che sorgeva al suo posto. Le vicende costruttive furono lunghe e la chiesa venne inaugurata solo nel 1817, mentre l’apparato decorativo interno venne realizzato tra la seconda metà dell’800 e i primi anni del ‘900; per il completamento dell’edificio si dovette comunque attendere la costruzione del campanile destro, avvenuta soltanto nel 1938.

La cupola del transetto nel Marzo 1943

Pochi anni dopo l’erezione del campanile, nel 1943, la Collegiata venne parzialmente devastata dai pesanti bombardamenti aerei: la prima volta in febbraio, quando una bomba distrusse il braccio destro del transetto e parte della cupola del presbiterio, la seconda volta con i bombardamenti di maggio quando gli spostamenti d’aria provocarono il crollo delle rovine della cupola, della quale rimase solamente uno dei quattro pennacchi. Le foto d’epoca documentano le distinte fasi della distruzione bellica. Con la ricostruzione andò definitivamente perduto il ricco apparato decorativo e la chiesa – persi ormai gli smalti azzurri e le dorature dei dettagli oltre agli affreschi, agli stucchi e alla Via Crucis incastonata in edicole barocche poste alla base delle colonne – venne ricostruita nel suo impianto originario solo a livello architettonico e la riconsacrazione avvenne nel 1951. I quasi due secoli coperti dalle vicende costruttive e belliche giustificano l’ormai popolare modo di dire cagliaritano “Sa Fabbrica ‘e Sant’Anna” per definire una realizzazione lunga e tormentata, ispirato al romano “La Fabbrica di San Pietro”.

La cupola del transetto nel Maggio 1943

Il progetto è attribuito all’ingegnere piemontese Giuseppe Viana, e la composizione spaziale della chiesa caratterizzata da una navata ellittica con cappelle radiali e coperta da un’ampia cupola potrebbe derivare dall’imponente Santuario di Vicoforte, anch’esso caratterizzato dalla presenza dei due campanili su ogni facciata. L’impianto di un transetto oltre la navata, coperto da una cupola ottagonale regolare, seguito da un presbiterio anch’esso coperto da una cupola con pianta ad ottagono allungato posto di traverso e completato dal profondo vano absidale nel quale è ospitato il coro, fa supporre che tra i modelli ispiratori della Collegiata stampacina possa esserci anche la Chiesa di San Carlo Borromeo a Vienna. La prima cupola, come accennato poc’anzi, è quella che copre la navata ed è realizzata su una pianta ellittica che prevede quattro cappelle radiali e due archi contrapposti: uno addossato alla controfacciata a sostegno della cantoria, l’altro a separazione dalla volta a botte che immette nel transetto (al di sotto della quale si aprono due cantorie e due piccole cappelle sottostanti). Sul tamburo – impostato su una ricca trabeazione – si aprono quattro finestre in corrispondenza delle cappelle e il grande oculo ellittico aperto sulla facciata. La decorazione è limitata alle cornici dei costoloni e del medaglione centrale e non presenta più i vasi con ghirlande in stucco dorato e i quattro medaglioni angolari con angeli scolpiti a bassorilievo, né gli otto riquadri con putti dipinti sugli spicchi della calotta e alla raggiera in stucco del medaglione centrale. Il semplice intonaco, di una calda tonalità avorio, è comunque sufficiente di per sé a valorizzare l’armonia costruttiva della cupola (così come nelle altre due cupole di cui parleremo ora).

Collegiata di Sant’Anna – La cupola della navata prima dei bombardamenti e oggi

All’incrocio col transetto si eleva la seconda cupola, su pianta ottagonale poggiante su pennacchi e su quattro archi d’imposta con intradossi cassettonati privi però dei rosoni che li decoravano in origine. Il tamburo è preannunciato dalla ricca modanatura che ne segue l’imposta e sulle sue pareti si aprono otto finestre riquadrate oggi da fasce lisce, sopra le quali corre la semplice cornice che forma il raccordo con gli spicchi della calotta. Originariamente la cupola era dipinta con affreschi raffiguranti scene della vita di Sant’Anna e simboli della Passione di Cristo in un trionfo d’Angeli; i costoloni erano dipinti con festoni via via più piccoli fino a raggiungere gli otto angeli dipinti che formavano una corona intorno alla base della lanterna. Nei pennacchi erano raffigurati gli Evangelisti con una tecnica mista di pittura e scultura che consentiva alle figure dei quattro Santi di staccarsi dal fondale dipinto e alle nuvole sulle quali erano seduti di estendersi fino alle modanature degli estradossi degli archi. Ai lati delle finestre erano poi dipinti altri sedici angeli. Per farsi un’idea di quale fosse l’aspetto della cupola del transetto ci si può basare sia sulle foto d’epoca sia sulla cupola della Basilica di Sant’Elena, decorata proprio su ispirazione di quella della Collegiata di Sant’Anna.

Collegiata di Sant’Anna – La cupola del Transetto prima dei bombardamenti e oggi

La successione di cupole dalla navata all’abside

La terza cupola è quella del presbiterio, ed è l’unica a non aver subito una completa distruzione durante i bombardamenti; attualmente è anche l’unica a presentare le modanature di imposta del tamburo e della calotta in pietra a vista. Anch’essa è intonacata con le tonalità che rivestono l’intera chiesa, e delle tre cupole è quella che presentava un apparato decorativo più semplice ma non per questo meno ricercato. Sugli spicchi erano dipinti otto medaglioni con puttini, come nella cupola della navata, mentre intorno alla base della lanterna era scolpito un fregio con festoni. I quattro pennacchi invece presentavano medaglioni con ritratti di Santi Vescovi (due dei quali forse rappresentavano i due Papi Sardi, Sant’Ilario e San Simmaco) circondati da eleganti arabeschi vegetali scolpiti in stucco. La ricostruzione post-bellica ha influito anche nella scelta dei rivestimenti esterni: dell’originaria copertura in maioliche, l’unica porzione residua si trova nella calotta della lanterna che sovrasta la cupola del Presbiterio; la cupola del Transetto venne coperta con un rivestimento in metallo, mentre per la calotta della cupola del Presbiterio e per la cupola della navata si scelse un moderno materiale isolante verde che ben poco si armonizza con la struttura. I cupolini dei campanili, salvatisi dalla distruzione bellica, sono ancor oggi rivestiti delle originali maioliche a squame e, seppur somiglianti tra loro, presentano una lieve differenza nella forma della copertura: leggermente archiacuta quella del campanile a sinistra, e regolarmente tondeggiante quella del campanile a destra. Completano i cupolini delle piccole lanterne decorative sostenenti le due Croci in ferro.

Collegiata di Sant’Anna – Cupola del Presbiterio

Collegiata di Sant’Anna – L’esterno con le sue cupole

Percorrendo la via Azuni, dalla Collegiata di Sant’Anna si raggiunge la chiesa di San Michele Arcangelo che si impone subito alla vista per la bellissima facciata barocca sulla quale si aprono tre arcate che danno l’accesso ad un atrio porticato diviso in tre campate: dalla campata di sinistra si accede all’ex Convento dei Gesuiti (diventato Ospedale Militare in seguito alla soppressione degli ordini religiosi nel 1848), mentre dalla campata centrale si può percorrere lo scalone monumentale – che occupa l’intera campata destra – dal quale si accede alla chiesa vera e propria che ha un singolare orientamento di 90° rispetto alla facciata.

Chiesa di San Michele Arcangelo: Cupola e Campanile

La Chiesa di San Michele Arcangelo fu costruita tra la seconda metà del XVII secolo e gli inizi del XVIII grazie ai lasciti dell’avvocato Francesc’Angelo Dessì (del quale si è parlato nell’articolo sui busti commemorativi). La lapide collocata all’ingresso della Chiesa riporta la data della consacrazione, ovvero il 1738. Varcata la splendida bussola lignea si accede alla chiesa, costituita da un’aula unica, coperta dall’immensa cupola ottagonale su un alto tamburo, attorno alla quale si aprono sei cappelle radiali (oltre alle due presenti ai lati dell’ingresso sotto lo spazio coperto dalla volta a botte sul quale si trova la cantoria) e il profondo vano presbiteriale. Delle cappelle radiali, tre per ogni lato, quelle centrali sono più ampie e profonde e formano uno pseudo-transetto che consente alla chiesa di unire la concezione spaziale della chiesa a pianta centrale con quella a croce latina. L’imponente cupola si sviluppa a partire dai pennacchi che partono dagli angoli dell’ottagono di base (nei quali si trovano le cappelle più piccole sovrastate da cantorie con ricche gelosie lignee) e che sono affrescati con le raffigurazioni dei quattro Evangelisti. La decorazione pittorica, non solo dei pennacchi, è dovuta a Giacomo Altomonte e Domenico Colombino, che vi lavorarono dal 1720. Sul tamburo si aprono quattro finestre ottagonali mentre altre dodici finestre sono dipinte a Trompe-l’œil ai lati di quelle reali e negli angoli. Gli spicchi della calotta sono riccamente affrescati con vasi di fiori, festoni, arabeschi e rosette di notevole eleganza e che ben si armonizzano nell’insieme barocco della Chiesa. Dal centro della lanterna pende un grandioso lampadario in cristallo a ventiquattro luci che, insieme con le pitture parietali, forma un insieme caleidoscopico di grande suggestione. L’esterno della cupola mostra attinenze con quella della chiesa di San Giuseppe Calasanzio per l’uso di bugne a filari alternati nelle paraste angolari e per il fregio liscio che corre intorno al tamburo e sul quale si sviluppa l’ampio cornicione che lo separa dalla calotta rivestita delle classiche maioliche a squame policrome. La lanterna appare di dimensioni ridotte rispetto alla mole della cupola ma non per questo risulta meno elegante. È anch’essa rivestita di maioliche policrome e sulla sua sommità svetta la croce in ferro battuto con la bandiera segnavento.

Chiesa di San Michele Arcangelo – Interno della Cupola

Sant’Efisio, cupola del Presbiterio

Non lontano dalle chiese di Sant’Anna e San Michele si trova la chiesa di Sant’Efisio, sorta nella seconda metà del XVIII secolo su una chiesa di origine cinquecentesca a sua volta costruita su una precedente nata sulla grotta in cui rimase imprigionato Sant’Efisio prima del suo martirio a Nora nel 303 d.C. La Chiesa di Sant’Efisio corrisponde agli eleganti canoni stilistici del barocchetto piemontese ed è costituita da un’aula unica voltata a botte, sulla quale si aprono tre cappelle per lato, e un presbiterio coperto dalla cupola ottagonale. Sui pennacchi sono presenti quattro medaglioni nei quali sono apposte tele raffiguranti i santi vescovi cagliaritani. Al di sopra dei pennacchi corre un’alta trabeazione sulla quale si imposta il tamburo ottagonale nel quale si aprono quattro finestre ornate da cornici di gusto barocco con volute e conchiglie, dipinte in bianco e oro. Nei lati ciechi, all’interno di analoghe cornici (che ornavano anche le finestre aperte sulla volta della navata), si trovano quattro stemmi della Città di Cagliari, dell’Arciconfraternita, e di Papa Pio XII (probabilmente per commemorare i lavori di restauro della chiesa dopo i danni – fortunatamente non gravi – dei bombardamenti del ’43). Non sono presenti altre decorazioni e la cupola si conclude con il piccolissimo lanternino.

Chiesa di Sant’Efisio – Cupola del Presbiterio

Sant’Efisio, Campanile

La cupola del presbiterio non è l’unica all’interno della Chiesa di Sant’Efisio: alla sinistra del Presbiterio si trova la Sacrestia Vecchia, un ambiente di dimensioni modeste, molto sviluppato in altezza e sul quale si innesta una cupola a ottagono allungato di forma irregolare poggiante su un tamburo nel quale si aprivano otto finestre, sette delle quali sono state murate. Il tamburo poggia su pennacchi lisci che si sviluppano a partire dalle modanature che formano i capitelli delle quattro paraste angolari. Un altro piccolo cupolino ottagonale è presente anche nel campanile a canna quadrata risalente alla chiesa cinquecentesca. Si tratta di un cupolino di modeste dimensioni, privo di tamburo e poggiante direttamente sulla canna della torre campanaria. Un lanternino cieco è formato da un unico blocco lapideo sul quale si trova una semplice croce in ferro. Le tre cupole sono coperte esternamente con il classico rivestimento in maioliche.

Chiesa di Sant’Efisio, cupola della Sacrestia Vecchia

Santa Restituta, ambiente cupolato

Vicinissima alla chiesa di Sant’Efisio, la chiesa di Santa Restituta – costruita nel XVII sulla chiesa ipogeica sorta nel luogo del martirio della Santa, madre di Sant’Eusebio di Vercelli – è apparentemente priva di cupole, ma osservando la fiancata su via Santa Restituta sono identificabili due cupole poste in due ambienti di servizio alla Chiesa: il primo si trova al lato sinistro della cantoria che sovrasta l’ingresso, ed è probabile che la cupola fungesse da cassa di risonanza per i cori o per un organo, l’altra si trova in un ambiente nel piano superiore a sinistra del presbiterio. Entrambe le cupole sono formate da calotte emisferiche concluse da un elemento semisferico a guisa di lanterna.
Nella parte alta del quartiere Stampace sorge l’immenso Ospedale Civile. L’edificio venne progettato nel 1841 dall’architetto Gaetano Cima, il più insigne esponente dell’architettura neoclassica in Sardegna. La prima pietra fu posta nel 1844 e già dopo quattro anni i primi bracci della costruzione a raggiera furono operativi. Il nucleo della raggiera è formato da un corpo cilindrico costituito da una cupola molto ribassata nel pianterreno alla quale si sovrappone la cupola della cappella soprastante. La cupola dell’atrio, come detto, è piuttosto ribassata e forma un padiglione scandito da costoloni con un rivestimento in intonaco scuro che contrasta vivamente con quello più chiaro degli specchi in cui è suddivisa la copertura. Nessuna decorazione di rilievo impreziosisce la calotta, che si contraddistingue per la semplice eleganza architettonica.

Atrio dell’Ospedale Civile

Ospedale Civile, la Cappella

Al piano superiore, invece, la Cappella è un trionfo dell’architettura neoclassica. Si tratta di un ambiente circolare le cui pareti sono scandite da colonne doriche con un rivestimento ad imitazione del granito. Al di sopra delle colonne corre una trabeazione sulla quale poggia l’ampia ed elegante cupola ispirata a quella del Pantheon e decorata con cassettoni dipinti con raffinati affreschi in tonalità dorate su sfondo azzurro raffiguranti simboli della religione cristiana, strumenti musicali, rosette e ghirlande floreali. In cima alla cupola si apre la lanterna che riprende, in scala ridotta, la soluzione spaziale dell’atrio dell’ospedale: un vano circolare nel quale otto unghie radiali ospitano le aperture e i cui costoloni corrono fino al vertice al centro del quale, da un semplice medaglione circolare, pende il lampadario in cristallo.
Esternamente la cupola è rivestita dalle maioliche a squame e la lanterna è scandita da otto metope lisce poggianti su un motivo a dentelli. Sulla sommità della lanterna è posto un simbolico uovo scolpito in pietra bianca.

Ospedale Civile, il bellissimo interno della cupola della Cappella

Chiesa del Carmine, la perduta cupola della Cappella Ripoll

Il percorso prosegue nella parte bassa del quartiere Stampace, dove è doveroso citare tre cupole scomparse: la prima è quella della chiesetta di San Bernardo che sorgeva in prossimità della Porta di Palabanda di fronte all’attuale bivio per via Carloforte. La Chiesa fu demolita agli inizi del ‘900 ed è rimasta celebre poiché nel 1762 alle sue spalle venne rinvenuto il celebre Mosaico dell’Orfeo, che oggi figura come uno dei capolavori più pregiati tra le opere di epoca romana nel Museo Egizio di Torino. La cupola viene semplicemente citata dal Canonico Spano nella sua “Guida della Città di Cagliari” nel breve trafiletto dedicato alla chiesa ora scomparsa.
Le altre due cupole sono scomparse in seguito ai devastanti bombardamenti alleati e facevano entrambe parte della Chiesa di Nostra Signora del Carmine. La più ampia era la cupola ottagonale che formava la copertura del Presbiterio ed esternamente presentava una netta somiglianza con quella della Chiesa di San Michele, seppur in scala ridotta. Si sviluppava su un alto tamburo poggiante su pennacchi ed era conclusa da una lanterna di dimensioni modeste. Il rivestimento, sulla base delle foto d’epoca, era in maioliche policrome.L’altra cupola era quella della Cappella Ripoll, che mostrava forti analogie con la cupola della Cappella del Rosario nella Chiesa di San Domenico (della quale parleremo più avanti) e con quella della Chiesa di Santa Maria del Monte. Era una cupola a pianta ottagonale priva di tamburo e poggiante su scuffie a mezza crociera caratterizzate da robusti costoloni, dalle gemme pendule scolpite e dai peducci lavorati con motivi vegetali. Al di sopra delle scuffie correva la trabeazione formata da una cornice su dentelli di matrice rinascimentale sulla quale si impostava la calotta nella quale erano assenti decorazioni e in cui si aprivano quattro finestre rimarcate da spesse cornici modanate. La nuova Chiesa del Carmine è priva di cupole.

Chiesa della Santissima Annunziata, la cupola

Le ultime due cupole chiesastiche di Stampace si trovano nella Chiesa della Santissima Annunziata. Il primo impianto della Chiesa risale al XVI secolo e dal 1621 fu retto dall’Ordine dei Padri Minimi di San Francesco di Paola che però la abbandonarono dopo poco più di vent’anni in seguito ai danni riportato da una rovinosa bufera. Furono i Padri Scolopi, subentrati ai Minimi, a restaurare e ingrandire la chiesa nella metà del XVII secolo. Ulteriori modifiche vennero apportate nei secoli successivi e la chiesa venne dotata dell’elegante prospetto attuale e del campanile solo nel 1913 grazie al progetto di Dionigi Scano. L’interno è formato da una navata unica con sei cappelle laterali, tre per lato, intercomunicanti. Sopra il presbiterio si apre la cupola a pianta ottagonale allungata poggiante su pennacchi lisci. Con restauri eseguiti tra gli anni ’80 e i ’90 vennero eliminate le decorazioni in stucchi e dorature che ornavano l’interno della chiesa e della cupola, che oggi si presenta sobriamente rivestita da un intonaco di una tonalità calda. L’unico elemento decorativo è dato dalla cornice su dentelli sovrapposta ai pennacchi e dalla quale si sviluppa l’alto tamburo privo di aperture, presenti invece sulla lanterna sommitale. L’esterno è rivestito delle consuete maioliche a squame ed è caratterizzato dalle robuste paraste angolari del tamburo e della lanterna mentre le cornici sono formate da semplici fasce piatte.

Chiesa della Santissima Annunziata: interno della Cupola

Chiesa della Santissima Annunziata, il Campanile

Il campanile a canna quadrata venne realizzato solo nel 1913 e agli elementi neorinascimentali che caratterizzano la facciata unisce un gusto costruttivo ancora prettamente liberty. La cupola è formata da una calotta a pianta circolare e sezione parabolica rivestita esternamente in cocciopesto della stessa tonalità dell’intonaco che riveste il campanile. Alla sua sommità si trova una svelta lanterna con quattro aperture conclusa da una copertura conica sulla quale è impostata la croce in ferro battuto poggiante su un globo.
Meritano una menzione anche le cinque cupole che coprono le altrettante garitte dell’ex Penitenziario di Buoncammino: si tratta di calotte ottagonali poggianti su un cornicione sovrastante un fregio liscio a sua volta sottolineato da una semplice cornice liscia. Il rivestimento delle cupole è in cocciopesto di colore chiaro, mentre sulla sommità – in luogo della consueta lanterna – è presente una pigna scolpita in pietra.

Ex penitenziario di Buoncammino: due delle cinque garitte cupolate

L’ultima cupola del quartiere Stampace è una cupola che non venne mai realizzata: la cupola prevista nel progetto Majestas IV per il Palazzo Civico, redatto dall’architetto Piero Paolo Quaglia. La cupola avrebbe avuto una pianta dodecagonale e avrebbe concluso l’altissima torre centrale dell’orologio; sarebbe stata impostata su dodici colonne poste agli angoli di un attico aperto e la copertura avrebbe dovuto essere realizzata con un rivestimento in maioliche. Tra le colonne erano previste quattro figure allegoriche di dimensioni colossali sedute all’esterno del parapetto dell’attico. A vincere il concorso per il Palazzo Civico fu però il progetto Palmas, degli architetti Crescentino Caselli e Annibale Rigotti e l’edificio che fu realizzato fu quello da noi tutti conosciuto.

Progetto Majestas IV per il Palazzo Civico, con l’altissima torre cupolata

Il quartiere di Villanova è ricco di chiese ma effettivamente povero di cupole, sebbene quelle presenti siano esemplari di tutto rilievo. La prima Chiesa del quartiere in questa parte dell’articolo è la Chiesa di San Giacomo, la cui veste attuale è frutto del lungo sovrapporsi di stili diversi che si sono succeduti nei suoi quasi sette secoli di vita. La Chiesa infatti risale all’epoca catalana e i primi documenti che ne parlano sono datati alla prima metà del XIV secolo, L’interno si caratterizza per l’impianto tardogotico frutto di interventi di ampliamento nel XV e XVI secolo. Al ‘500 risalgono infatti le cappelle laterali, rielaborate nel corso dei secoli soprattutto per quanto riguarda gli arredi. Due cappelle in particolare mostrano l’armoniosa convivenza tra due differenti interpretazioni dei canoni barocchi.

San Giacomo – Cupola del Sacro Cuore

La Cappella del Sacro Cuore (la seconda sul fianco destro dell’aula) risente infatti di influssi ancora spagnoli pur essendo opera settecentesca e si caratterizza per il bell’altare che un tempo ospitava una tela raffigurante la Vergine del Carmine e che oggi è dedicato al Sacro Cuore. La copertura della cappella è formata da una cupola ottagonale retta da pennacchi sui quali si imposta una trabeazione con fregio liscio al di sopra della quale si eleva il tamburo nel quale si aprono tre finestre sui lati esposti a meridione, mentre due aperture risultano murate; negli spazi delle rimanenti tre aperture sono incorniciate tele raffiguranti Santi Domenicani tra i quali lo stesso San Domenico in adorazione e Santa Caterina da Siena con il giglio bianco in mano. Le paraste sono decorate da semplici cornici dipinte mentre la trabeazione è dipinta con un motivo a dentelli verdi sopra il quale corre un motivo a ovoli. In corrispondenza delle tele e della finestra a sud, la trabeazione forma delle volute decorate con foglie d’acanto dipinte in bianco e verde. Gli spicchi della calotta sono affrescati con cornici analoghe a quelle delle paraste e con motivi vegetali. Una corona di foglie d’acanto dipinte circonda come una raggiera la base della lanterna cieca. Esternamente la cupola è visibile solo tra la porzione di muratura posta a destra della facciata simmetricamente al campanile (e sulla quale forse era prevista l’erezione di un secondo campanile mai realizzato) e il vicino Oratorio delle Anime del Purgatorio ed è caratterizzata dalla copertura in maioliche policrome.

Chiesa di San Giacomo – Cupola della Cappella del Sacro Cuore

La Cappella del Crocifisso risulta più recente rispetto a quella del Sacro Cuore e mostra caratteri tipici del tardobarocco piemontese, sia nell’altare dedicato al Santo Cristo, sia nella copertura formata da un cupolino a pianta ellittica impostato su una volta a vela nei cui angoli sono scolpiti dei bassorilievi in stucco raffiguranti i quattro Evangelisti, sotto ai quali sono realizzati dei festoni decorativi. Una cornice riccamente modanata segna l’imposta del tamburo a forte sviluppo verticale nel quale si aprono quattro grandi finestre separate da lesene lisce. Alla sommità del tamburo una sottile cornice rimarca la base della calotta. Esternamente il rivestimento è realizzato con le consuete squame di maiolica.

Chiesa di San Giacomo – Cupola della Cappella del Crocifisso

Il Complesso di San Domenico è oggi formato dall’originario chiostro tardogotico e dalla Chiesa Nuova costruita negli anni ’50 su progetto di Raffaello Fagnoni al di sopra della prima chiesa quattrocentesca ridotta a un cumulo irrecuperabile di macerie dai bombardamenti alleati del 1943.
La Chiesa Antica, i cui resti oggi formano la cripta della chiesa nuova, venne costruita nel XV secolo su modello della Cattedrale di Girona, anche se i Padri Domenicani erano già presenti in Villanova dal 1254, e quivi eressero una prima chiesa dedicata a Sant’Anna della quale sopravvive un ambiente che forma l’attuale Cappella dei Santi Martiri nel braccio orientale del Chiostro. La Chiesa di San Domenico venne poi ingrandita nel corso dei secoli e in particolare sul finire del XVI secolo con l’apertura delle cappelle laterali, delle quali oggi sopravvive la maggiore dedicata alla Madonna del Rosario: la Cappella subì il crollo parziale della cupola durante i bombardamenti, ma fu possibile ricostruirla per anastilosi poiché il materiale recuperato era tale da ricomporre l’ambiente originario, diversamente da quanto avvenne per il resto della chiesa letteralmente polverizzato dalla furia bellica. La Cupola presenta forti analogie con le già citate cupole di Santa Maria del Monte e della Cappella Ripoll nella Chiesa del Carmine (anch’essa, come detto, vittima illustre dei bombardamenti alleati). La calotta ottagonale è sprovvista di tamburo ed è sostenuta da quattro scuffie a mezza crociera con gemme pendule decorate a rosette e robusti costoloni poggianti su peducci finemente scolpiti con elementi vegetali. Al di sopra delle scuffie corre una trabeazione di matrice rinascimentale poggiante su mensoline in luogo dei dentelli. Le quattro ampie finestre si aprono direttamente negli spicchi della calotta e sono rimarcate da robuste cornici modanate anch’esse di matrice rinascimentale. L’esterno è rivestito in cocciopesto e parzialmente mascherato dal tiburio.

Chiesa antica di San Domenico – Cupola della Cappella del Rosario

Il complesso di San Domenico nel 1870 ca.
In evidenza la cupola della Cappella di San Pietro

Non si trattava dell’unica cupola presente nella chiesa: annessa alla Cappella del Rosario era presente una piccola cappella (il cui vano si è conservato anche dopo la devastazione bellica seppur privato della copertura) anch’essa coperta da una cupola della quale fa menzione il Canonico Spano per un episodio di cronaca avvenuto pochi anni prima della stesura della sua “Guida della Città di Cagliari”, ecco la sua descrizione: «Prima del cappellone, a man diritta, vi è una piccola cappella in forma di tempietto. […] Dalla lanterna di questo cupolino nel febbrajo del 1848 scesero i ladri per rubare la lampada d’argento che non si è potuta più riavere.» Di questa seconda cupola non esiste purtroppo documentazione fotografica. Una terza cupola, anch’essa descritta brevemente dallo Spano, si trovava nella quarta cappella del Chiostro (la prima a sinistra che si può osservare dall’attuale ingresso su via XXIV Maggio: «Nella terza (cappella) non vi è che un piccol simulacro; ma quella che merita d’esser osservata è la quarta, ossia la prima entrando a man sinistra dal portone della porteria. Dessa è dedicata a San Pietro Martire, e chiusa da una grata di ferro, perché è di patronato della compagnia dei calzolaj. La cappella è coperta da una proporzionata cupola moderna».

San Domenico, cupola della Chiesa Nuova

Quest’ultima cupola è visibile sia nelle ortofoto precedenti i bombardamenti ma soprattutto in una foto d’epoca, conservata nel Fondo Lepori dell’Archivio Storico, che inquadra il Complesso di San Domenico quasi isolato nelle campagne che attorniavano il quartiere di Villanova. Purtroppo anch’essa scomparve in seguito ai bombardamenti, mentre si mantenne pressoché intatto il resto della Cappella di cui era parte.
La Chiesa Nuova di San Domenico, come si è detto, venne realizzata tra il 1952 e il 1954 su disegno di Raffaello Fagnoni sui resti della chiesa quattrocentesca. L’ampio ambiente è ad aula unica e presenta un presbiterio rialzato sul quale si eleva la cupola a pianta circolare e sezione parabolica che all’esterno, grazie al rivestimento bianco, assume quasi l’aspetto di un uovo (simbolo di perfezione). Alla base della calotta, tra i costoloni di cemento armato che ne formano l’armatura, corre un anello di finestre che all’interno danno quasi la sensazione che la cupola sia sospesa, fluttuante, sopra il vano presbiteriale. L’interno è rivestito da un finissimo mosaico in tessere bianche che amplifica la sensazione di leggerezza e luminosità della struttura. Si tratta di uno dei casi più interessanti di moderna ricostruzione postbellica a Cagliari.

Chiesa nuova di San Domenico, interno della cupola

San Mauro, cupola della Cappella di San Raffaele Arcangelo

Non distante dal Convento e dalla Chiesa di San Domenico sorge la Chiesa di San Mauro con l’attiguo convento francescano. La chiesa venne costruita verso la metà del XVII secolo e dedicata al Santo Martire del quale erano state rinvenute due decenni prima le reliquie, nella necropoli intorno alla Basilica di San Saturnino. Si tratta di un edificio con aula unica coperta da una volta a botte con tre cappelle per lato. Anche in questo caso, come in diversi altri esempi cagliaritani già citati, la cupola non è presente sul Presbiterio o sul Coro (nonostante lo Spano parli di una cupola presbiteriale), bensì in una delle cappelle laterali ed in particolare nella prima cappella sul fianco destro, dedicata a San Raffaele Arcangelo. Si tratta di una cupola a pianta ottagonale leggermente irregolare, impostata su pennacchi al di sopra dei quali corre la ricca trabeazione con fregio liscio oltre la quale si innesta il tamburo sul quale sono aperte quattro finestre sui lati esposti a meridione, mentre le altre quattro sono state occluse per l’elevazione di alcuni ambienti adiacenti. Conclude la cupola il piccolissimo lanternino cieco. L’interno della calotta è privo di decorazioni, ma la chiesa presentava un ricchissimo apparato decorativo andato perduto con i diversi restauri nel corso del XX secolo ed in particolare con l’adeguamento ai dettami liturgici del Concilio Vaticano II. Non è da escludersi dunque una precedente decorazione pittorica nella cupola della Cappella di San Raffaele, al pari degli affreschi che sopravvivono tuttora nella cantoria che sovrasta l’ingresso. Esternamente la cupola presenta il tipico rivestimento a squame di maiolica, mentre al di sopra della calotta è presente una copertura prismatica sulla quale è montato un segnavento in forma di pesce, un simbolo decisamente cristiano in quanto il termine greco Iχθύς, in latino ichthýs (“pesce”), era l’acrostico per identificare Gesù Cristo. Al di sopra del segnavento svetta la croce in ferro. Un altro cupolino, o meglio un padiglione su pianta quadra, concludeva il piccolo campanile a canna quadrata demolito negli anni ’70 poiché pericolante e non presentante valore artistico o storico trattandosi di una realizzazione relativamente recente d’inizio ‘900.

Chiesa di San Mauro, cupola della Cappella di San Raffaele Arcangelo

San Lucifero, la cupola

Conclude il percorso tra le cupole di Villanova l’ampia cupola della Chiesa di San Lucifero. La Chiesa venne eretta a partire dal 1642 sul luogo nel quale venne rinvenuto il sacello dov’era custodito il sepolcro di San Lucifero, vescovo cagliaritano del IV secolo. I lavori per la costruzione della chiesa si protrassero per circa quarant’anni. La chiesa è formata da una croce latina con navata singola sulla quale si aprono sei cappelle, tre per ogni lato. All’incrocio col transetto svetta l’alta cupola impostata su pennacchi terminanti in una cornice che non prosegue sopra gli archi d’imposta. Al di sopra dei pennacchi, dopo uno spazio liscio, corre un cornicione riccamente modanato sopra il quale svetta il tamburo ad ottagono allungato con quattro aperture sui lati corti. Una semplice cornice separa il tamburo dalla calotta e costituisce l’unico elemento decorativo nella sobrietà spartana dell’insieme. La lanterna che conclude la cupola non è quella originaria ma un rifacimento in dimensioni maggiori realizzato nel 1937 e decorato all’interno con semplici borchie che formano quattro croci sui lati maggiori e delimitano gli spicchi dei lati minori. L’esterno era rivestito fino ad una quindicina d’anni orsono da uno strato di cocciopesto di colore bruno, sostituito con una nuova copertura in maioliche policrome.

Chiesa di San Lucifero, interno della cupola

Al di fuori del centro storico è possibile osservare ancora diverse cupole, alcune facenti parte di edifici antichi, altre opere moderne realizzate soprattutto nel dopoguerra, in ultimo sono osservabili le cupole relative all’ambito funerario.
Lontano dal centro urbano, poco distante dal Villaggio Pescatori, sorge l’antica chiesetta di Sant’Efisio a Giorgino, costruita come cappella gentilizia di una proprietà agricola. La cupola copre l’intero ambiente della chiesa che si caratterizza dunque come una piccola chiesa a pianta centrale di forma ottagonale. La calotta è priva di tamburo e all’interno, al di sopra di una cornice dipinta in una calda tonalità ocra, è finemente affrescata su ogni spicchio con lo stemma dei Quattro Mori che però – differentemente dalla raffigurazione classica – sono bendati e non guardano tutti a sinistra, infatti i mori sul lato destro dello stemma hanno lo sguardo rivolto a destra. Al di sopra degli stemmi sono dipinti dei raffinati arabeschi con motivi vegetali analoghi a quelli dipinti in tonalità brune sul vertice di ogni spicchio. Dal centro della cupola pende un ricco lampadario dorato a sedici luci, decorato con motivi vegetali di grande eleganza esecutiva. L’esterno della cupola è rivestito con le classiche maioliche policrome a squame, ma si differenzia dal resto delle cupole cittadine per l’uso di tonalità più chiare e brillanti e per la disposizione regolare a fasce diagonali di colori diversi.

Chiesa di Sant’Efisio a Giorgino: interno della cupola

Chiesa di Sant’Efisio a Giorgino: due vedute esterne

Nella Piazza San Bartolomeo, fulcro urbano dell’omonimo borgo un tempo isolato e ora ben integrato nell’area cittadina, sorge la chiesa di San Bartolomeo alla quale un tempo era affiancata la Chiesa della Vergine di Lluc, demolita sul finire dell’800 per aprire il viale Calamosca. La Chiesa di San Bartolomeo, costruita verso la metà del XVII secolo, subì ampliamento nel secolo successivo per quanto riguarda l’aula, mentre nel 1678, col lascito della nobildonna Rosalia Genovès, venne realizzata un’ampia cappella a pianta ottagonale sul lato sinistro della navata. Era prevista la costruzione di una seconda cappella gemella sul lato opposto, mai realizzata. La cappella venne dedicata alla Madonna di Trapani il cui simulacro è custodito all’interno di un ricchissimo altare ligneo di stile barocco coloniale. La cupola della cappella è priva di tamburo e poggia sulla trabeazione con fregio liscio che corre al di sopra delle quattro paraste angolari di ordine ionico. Nell’interno della cupola non sono presenti decorazioni e il rivestimento è dato da un semplice intonaco bianco che contrasta con la tonalità ocra data alle modanature e alle paraste in un recente restauro.

Chiesa di San Bartolomeo, cupola della Cappella della Madonna di Trapani

Alle pendici del colle di Monte Urpinu sono presenti ben tre chiese, delle quali due – costruite in epoche molto distanti tra loro – presentano interessanti sistemi cupolati.
La più antica è la cosiddetta Cappella Aragonese costruita secondo stilemi ancora legati al tardogotico tra il finire del XVII secolo e gli inizi del XVIII sulle rovine di una precedente chiesa di epoca bizantina. L’edificio è costituito da un’aula unica coperta da una copertura in capriate lignee sulla quale si apre il presbiterio a pianta quadrata separato dall’aula da un arco a sesto acuto che richiama il principio della Cappella Mayor di epoca catalana che doveva presentarsi sempre di dimensioni minori rispetto alla navata. La copertura del Presbiterio è formata dalla cupola ottagonale impostata su pennacchi, decorati con quattro volti scolpiti in altorilievo, sopra i quali corre una semplice cornice. La cupola si caratterizza per i robusti costoloni raccordati tra loro da una fascia che corre al di sotto del vertice e decorati con una gemma pendula su ogni punto di raccordo; un’ulteriore gemma pendula si trova al vertice della cupola. La chiesetta subì danni ingenti nel corso dei bombardamenti del 1943 e in seguito ai restauri l’apparato decorativo, incluso quello della cupola già comunque modificato agli inizi del secolo con caratteri liberty, venne ripristinato in un modo che non consente di leggere in modo preciso gli elementi originali. L’esterno della cupola è rivestito in cocciopesto colorato in una tonalità chiara che contrasta col rosa di cui è rivestito l’esterno della chiesa.

La Cappella Aragonese di Monte Urpinu: l’esterno e l’interno della Cupola

Santa Caterina dei Genovesi, interno dell’aula

L’altra chiesa sul versante occidentale di Monte Urpinu è la grandiosa Chiesa Nuova dei Santi Giorgio e Caterina, costruita dall’Arciconfraternita dei Genovesi col fondo di risarcimento dato loro per la distruzione dell’originaria chiesa barocca costruita nella parte alta della Via Manno. Anche in questo caso è possibile parlare di una cupola mai realizzata poiché un primo progetto di ricostruzione dell’antica chiesa di via Manno, completamente distrutta dalle bombe e impossibile da ricostruire per anastilosi ma solamente con un falso storico, prevedeva una ricostruzione in stile della chiesa con un piccolo cupolino classicheggiante a copertura del vano presbiteriale. Venne poi deciso di costruire la nuova ed imponente chiesa che conosciamo oggi, nella via Gemelli. L’edificio – costruito tra il ’58 e il ’64 su progetto degli architetti Piloni e Giacchetti con forti analogie alle architetture che in quegli anni venivano costruite dall’architetto Oscar Niemeyer – si caratterizza per il forte sviluppo ascensionale dato dagli archi parabolici che formano i lati della volta cupoliforme sulla quale svetta un leggiadro lanternino a sezione parabolica. L’interno è decorato con affreschi e vetrate sulle murature di tamponamento mentre la struttura cupoliforme mostra gli archi parabolici con il cemento a vista e le murature tra gli archi intonacate in una luminosa tonalità chiara.

Chiesa dei Santi Giorgio e Caterina, veduta esterna e interno della cupola

Chiesa della Medaglia Miracolosa

Altre realizzazioni ecclesiastiche del secondo dopoguerra mostrano differenti interpretazioni della struttura a cupola.
Tra queste, quella che richiama più fedelmente la cupola tradizionale, pur in un linguaggio moderno, è la Chiesa della Medaglia Miracolosa costruita agli inizi degli anni ’60 come chiesa parrocchiale per il quartiere di San Michele che andava via via espandendosi. La Chiesa è costruita su una pianta che fa un ampio uso di geometrie triangolari che si incontrano nell’ampia cupola prismatica a pianta esagonale. L’interno, caratterizzato dall’alternanza del cemento intonacato in grigio e del mattone a vista costituisce una citazione in chiave schematica e semplificata delle geometrie realizzate tre secoli prima nelle cupole del Guarini. Basse finestre triangolari si aprono nelle nervature che segnano le tre fasce orizzontali in cui è divisa l’alta cupola. L’esterno nasconde alla vista le nervature cementizie delle fasce orizzontali mantenendo visibili solo le finestre. Conclude la cupola una scultura in bronzo dorato raffigurante la Madonna della Medaglia Miracolosa oggi non presente poiché in restauro.

Chiesa della Medaglia Miracolosa: interno della cupola

Chiesa di N.S. della Salute

Un’altra struttura cupolata che però ha come modello anche le guglie delle cattedrali gotiche è la Chiesa di Nostra Signora della Salute al Poetto. La Chiesa venne progettata dall’architetto Macrelli nel 1963 e la costruzione si concluse nel 1971. L’ambiente unisce il concetto di pianta centrale con quello di aula unica allungata. Al centro dell’ampio vano presbiteriale di pianta esagonale si innalza una cupola prismatica che si sviluppa con una forte rastremazione a guisa di guglia. Lungo il suo sviluppo verticale si aprono quattro vetrate istoriate. La cupola è sostenuta da un sistema di nervature in cemento armato che riprendono la forma delle volte a crociera stellate di tardogotica memoria. Il rivestimento esterno è realizzato con un lucido materiale isolante che dà alla copertura l’aspetto di una leggera struttura in alluminio appena poggiata sulle murature portanti.

Chiesa della Santissima Vergine della Salute, due vedute interne della volta cupolata

Due singolari soluzioni moderne al concetto di cupola si trovano nella Chiesa di San Carlo Borromeo, costruita in seguito all’istituzione della parrocchia nel 1962. La cupola principale è formata da un tamburo quadrato al di sopra del quale si apre un’ampia tribuna con una finestratura a nastro lungo il perimetro che conferisce all’interno della chiesa un aspetto luminoso e aereo. La copertura di forma piramidale è semplicemente rivestita in coppi di terracotta. L’altra cupola è quella che sovrasta la Cappella del Battistero ed è formata da una copertura conica impostata su un basso tamburo completamente finestrato e rivestita esternamente da lastre di bronzo poste trasversalmente alla superficie circolare.

Chiesa di San Carlo Borromeo: a sinistra la cupola della cappella Battisteriale, a destra quella del Presbiterio

Chiesa di San Massimiliano Kolbe, la pseudo-cupola

Un ultimo esempio in ambito strettamente ecclesiastico è rappresentato dalla Chiesa di San Massimiliano Kolbe, inaugurata dopo lunghe vicissitudini costruttive nel 2001. La Chiesa non presenta una vera e propria cupola, bensì una struttura che fonde in sé la funzione di campanile e di torre dell’orologio ed è realizzata con otto costoloni in cemento armato poggianti su una base ottagonale in ognuno dei quali è presente un’apertura circolare. In tre di queste aperture sono alloggiate le campane, mentre un quarto oculo ospita l’orologio. L’aspetto degli otto costoloni richiama la forma di una cupola pur non formando la copertura di uno spazio coperto.
Dall’ambito ecclesiastico il percorso, ormai prossimo alla conclusione, si concentra brevemente sull’ambito cimiteriale dove le cupole sembrano segnare un ritorno all’aspetto sepolcrale delle tholos di arcaica memoria.
Nel Cimitero di Bonaria l’esempio più classico di cupola è rappresentato dalla Cappella Cao Sanna-Randaccio che si ispira in modo marcato al Pantheon romano tradotto secondo un linguaggio squisitamente neoclassico. Venne costruita sul finire dell’ottocento nella parte alta del Cimitero ed è preceduta da un breve ed elegante pronao costituito da due colonne ioniche sostenenti una trabeazione al di sopra della quale è posato il timpano. L’interno della cupola è semplicemente intonacato e privo di decorazioni; sulla sommità, in luogo dell’oculo è presente un lucernaio poligonale in vetro e metallo. Esternamente la cupola si caratterizza per la suddivisione in ventiquattro spicchi rivestiti in cocciopesto, concepiti come porzioni di una conchiglia che donano un aspetto morbido e sinuoso all’insieme.

Cimitero Monumentale di Bonaria, Cappella Cao Sanna-Randaccio

Un’altra cupola degna di nota è quella della Cappella Setti, progettata da Giuseppe Sartorio alla fine dell’ottocento e costruita sotto la sua direzione. La Cappella è caratterizzata da uno stile chiaramente ispirato all’antico Egitto reinterpretato in un gusto ormai votato ai canoni liberty. La parte più caratteristica della cupola è l’esterno, nel quale è evidente la robusta base ottagonale sulla quale si sviluppa la calotta divisa in trentadue spicchi dalle superfici sfaccettate che si raccordano all’anello sommitale nel quale è aperto l’oculo circolare.
Non distante dalla Cappella Setti, un’altra singolare cupola è quella che copre la Cappella Faggioli, struttura realizzata entro il 1921 secondo canoni che ormai volgevano al Decò e la cui struttura cupolata è meglio riconoscibile all’interno dove si presenta come una cupola classica su tamburo con quattro aperture ottagonali e un ricco decoro in bassorilievi di stucco raffiguranti festoni, fiori e foglie di palma. L’esterno invece nasconde la reale conformazione della cupola e si mostra come un padiglione quadrangolare nel quale si inseriscono le quattro aperture ottagonali sovrastate da timpani che si interrompono prima di svilupparsi in cornicioni orizzontali; al di sopra del tamburo quadrangolare si trova la copertura che nasconde la cupola sotto un tiburio quadrato oltre il quale si trova una grande arca quadrangolare sulla quale svetta un tripode nel quale è accesa la fiamma della vita.
Merita un breve cenno la piccolissima cupola in ferro battuto rivestita in zinco formata dal baldacchino sostenuto da esili pilastrini in ferro che custodisce la tomba del piccolo Enerino Birocchi, opera del 1893 di Giovanni Battista Troiani. La cupoletta è a pianta ottagonale e si presenta semplice, ornata di un semplice merletto nella base quadrata e conclusa da un anello sommitale.

Cimitero Monumentale di Bonaria: a sx la cupola della Cappella Setti, a dx la Cappella Faggioli

L’altra grandiosa cupola relativa all’ambito funerario è quella che copre il Famedio del Cimitero di San Michele, realizzato nel 1940 con uno stile proto-razionalista che richiama modelli bizantineggianti ma con un deciso riferimento anche al Pantheon romano. All’interno la cupola in cemento armato è divisa in otto spicchi dai costoloni che la raccordano al tamburo cilindrico, con dodici aperture a feritoia, a sua volta poggiato su una base quadrata decorata da cassettoni lisci, privi di modanature e decori. L’intonaco di una pallida tonalità azzurra conferisce un aspetto mistico e luminoso all’ampio spazio del famedio grazie anche alla luce che penetra dalle ampie aperture del portico e dall’oculo circolare che conclude la cupola. All’esterno, il tamburo è intonacato in una tonalità chiara e calda nella quale le aperture si impongono come tagli decisi e scuri. La calotta appare ribassata ed è coperta da un rivestimento in mattoni di tonalità calda, quasi dorata.

Cimitero di San Michele: la cupola del Famedio

Il nostro viaggio tra le cupole si conclude con un ultimo esempio che dimostra la grande versatilità funzionale delle cupole e il molteplice uso di tali coperture: si tratta della copertura di un impianto sportivo assai importante per la Città di Cagliari, il Palazzetto dello Sport, noto anche come PalaPirastu o PalaRockefeller. L’edificio venne costruito tra il 1968 e il 1969 ed è formato da un’immensa cupola ribassata divisa in quaranta spicchi da nervature che proseguono fino al suolo ben oltre la superficie realmente coperta, formando così un anello porticato che gira intorno al tamburo cilindrico nel quale sono realizzate le tribune e al di sopra del quale è realizzata una finestratura a nastro che corre lungo tutta la circonferenza al di sotto della copertura. All’interno la grande cupola è liscia e scandita solamente dagli intradossi dei costoloni non intonacati, al centro – in luogo di un oculo – è presente il sistema di illuminazione. Esternamente il tamburo è intonacato con una calda tonalità color terracotta, mentre i costoloni sono rivestiti da una tonalità grigio chiara e i quaranta spicchi della copertura presentano un rivestimento isolante della stessa tonalità dei costoloni.

Il Palazzetto dello Sport

Qui si conclude questo lungo percorso. Mi rendo conto che l’articolo può essere risultato fin troppo lungo, ma l’argomento di cui tratta è decisamente ampio vista anche la ricchezza di strutture cupolate di Cagliari. Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento. Di seguito potete vedere un video con tutte le foto, incluse quelle non inserite nell’articolo, delle cupole cittadine.
Grazie fin d’ora per l’attenzione che potrete prestare al post e buona visione per il video.




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